LA SCUOLA E L’UOMO - Anno LXXIX- Numero 7-8 - Luglio-Agosto 2022 10 sensibilità. Al legame con una nazione o territorio si sono aggiunti il sentimento (a volte meramente indotto, a volte sinceramente percepito) di essere cittadini europei e del mondo e una spiccata sensibilità ecologica, oltre alla sempre più rilevante cittadinanza e competenza digitale che differenzia ancora di più socialmente ed economicamente i nostri alunni. Se essa è chiaramente distintiva delle nuove generazioni, per le quali è nota e ormai condivisa la definizione di nativi digitali, questa si declina con strumenti che li differenzia in modi percepiti come iniqui in quanto dipendenti dalle provenienze di ciascuno. Troppa rilevanza forse nel volume viene dato a questo determinismo sociale, nel quale non viene dato troppo spazio alla libera scelta degli studenti di utilizzare gli strumenti comunque messi a disposizione dalle scuole e dai nostri docenti, chiaramente influenzati dalle prospettive dei due autori forse troppo modulate su un approccio statistico ed economico alla lettura della società nella quale le scuole si trovano ad operare. Un altro testo a cui si può fare riferimento è il recente Perché (non) andare a scuola (4). Si tratta di un contributo che si basa sull’esperienza scolastica vista dal punto di vista di un docente che, come nel caso del lessico morale che MacIntyre ritiene smarrito nell’incipit del suo volume filosofico Dopo la Virtù, pensa di aver smarrito il senso della valutazione e più in generale dello stare in classe. L’autore di questo volume considera lo stare a Scuola una continua tensione tra aspettative proprie e aspettative degli studenti, a volte limitate all’utilitaristico riscontro valutativo, a volte più feconde e intese come concernenti la propria fioritura come persona, al di là dell’esito accademico o professionale dello studio, superando e delegittimando un utilitarismo popolare che appare ormai purtroppo interiorizzato anche dagli studenti che sin da infanti risentono di una mimesis degli adulti e delle loro aspettative a volte molto invasive per la loro serenità. Ritengo opportuno cercare strategie esemplari per ricostruire il dialogo, ipotizprima ancora intellettuale, demandate sempre di più a realtà esterne alla Scuola e troppo dipendenti dalla situazione economica e sociale di provenienza. La scuola sarebbe vittima di un’ideologia egualitaria che ha dilagato negli ultimi decenni e che di fatto ha fatto decrescere le aspettative, inducendo i docenti a contenere le valutazioni negative, allo stesso tempo scoraggiando gli studenti più volenterosi e inducendo gli insegnanti a contenere le attese. La tesi del libro è che in questo modo si è andati sempre più nella direzione non di migliorare i livelli di apprendimento di coloro i quali avevano uno scarso rendimento ma di comprimere le prestazioni degli studenti che dalla scuola potevano trarre stimoli essenziali per la loro crescita intellettuale. L’idea universalistica di Scuola propria della Costituzione repubblicana cui prima facevo riferimento viene in tal modo tradita nel suo spirito con un formale ossequio alla lettera che prescrive l’istruzione obbligatoria fino alla maggiore età, che si mostra un mero ossequio formale svuotato di contenuti se i livelli di apprendimento si riducono sempre più, appiattendo le possibilità per i meritevoli in particolare per coloro i quali provengono dalle famiglie con minori risorse. Appare un po’ riduttivo tuttavia sostenere, come fanno gli autori de Il danno scolastico, che il privilegio per le famiglie più abbienti sia quello di poter ricorrere a sostegno esterno all’istituzione, perché possono offrire la possibilità ai loro figli di accedere a ripetizioni private mentre gli studenti che provengono da famiglie del sempre più ampio ceto neoproletario non possono consentire ai propri figli un tale strumento integrativo. A mio parere infatti ciò che caratterizza la Scuola è l’esperienza in classe, un’esperienza che non può essere sostituta efficacemente dalle ripetizioni private se non per i contenuti, perdendo il fondamentale portato di socializzazione che anticipata sovrasta l’apprendimento e l’acquisizione delle competenze. Le vicende politiche degli ultimi anni ci spingono a rilevare come sia cambiata l’idea stessa di appartenenza, di fronte a una accresciuta pluralità di provenienze culturali e di (4) Pierpaolo Perretti, Perché (non) andare a scuola, Rubbettino 2022.
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