La Scuola e l'Uomo - n. 7-8 - Luglio-Agosto 2022

LA SCUOLA E L’UOMO - Anno LXXIX- Numero 7-8 - Luglio-Agosto 2022 VII innovare approcci, metodi e linguaggi, perdita di competenze. La condizione di eterna precarietà di dottorandi e ricercatori ne limita l’autonomia, mina le loro condizioni di vita e impoverisce sistematicamente ricerca e formazione. L’ideologia della precarietà che ha destrutturato molte conquiste nel mondo del lavoro, deve essere radicalmente ribaltata: serve garantire stabilità e condizioni di vita dignitose a coloro cui si affida la ricerca pubblica e, quindi, il futuro tessuto culturale, scientifico, tecnologico del Paese. La recente riforma del sistema universitario approvata nel PNRR2 a luglio 2022, impone giustamente l’incremento degli stupendi post laurea e un consolidamento dei contratti post dottorato, stabilizzando la figura del post doc con un contratto di ricerca e superando il sistema di RTDa-RTDb con la nuova figura RTT (ricercatore tenure-track). Il grave errore è che il decreto non accompagna questa riforma con fondi strutturali e anzi impone lo stesso tetto di spesa del triennio precedente, determinando de-facto un calo delle posizioni disponibili. Ciò non dimostra una presa di coscienza sul valore dell’istruzione superiore, ma genera un ulteriore collo di bottiglia andando sempre più a privare i giovani laureati di un futuro accademico. Questa situazione è ancora più grave se consideriamo quanto la cultura e la scienza siano le due basi fondanti dello sviluppo sostenibile, della giustizia sociale, della transizione ecologica. Per superare un’organizzazione gerarchica delle università e per contrastarne la contrazione e precarizzazione e per riaffermare un accesso libero al sapere per un sistema della ricerca aperto, va ridefinito, lo sblocco del turn over e un programma pluriennale di reclutamento. Servono dunque finanziamenti strutturali, sia per adempiere finalmente all’obiettivo del 3% di PIL investito in istruzione e ricerca, sia per restituire dignità e senso alla carriera universitaria, riducendo la nota «fuga dei cervelli» e conseguente emorragia di giovani laureati verso altri Paesi, e invertendo anzi la direzione. 8. Recuperare una funzione sociale della ricerca a partire dalle grandi sfide che la crisi ci pone. Il rapporto con la società non deve significare subordinazione agli interessi delle imprese, e la libertà e l’autonomia delsi è riproposto palesemente col decreto del governo Draghi, in merito alla riforma delle classi di laurea (uno degli atti collaterali alla «Missione 4» del PNRR), su cui persino il C.U.N. ha espresso parere negativo. Va incentivata la sperimentazione didattica finalizzata ad arricchire l’offerta formativa. Va ripensata un’organizzazione della didattica oltre un modello che ha rescisso il legame con la ricerca, sposato un approccio quantitativo e nozionistico che svilisce il ruolo di chi insegna e crea condizioni di stress e immotivati sentimenti di inadeguatezza in migliaia di studenti e studentesse. Va riaffermata la didattica come dialogo, interrogazione reciproca, confronto, relazione con l’attività di ricerca e non solo come acquisizione di contenuti per fruitori passivi. Va respinta – vogliamo dirlo con ulteriore chiarezza – la tentazione di utilizzare la didattica a distanza come pretesto per non rimuovere gli ostacoli di ordine economico e materiale alla libera scelta di frequentare l’università in presenza e, più in generale, di vivere l’esperienza universitaria nel suo complesso. 6. È necessario aprire, in tutte le componenti del mondo universitario, una riflessione e una verifica sul 3+2 e sul sistema dei crediti; sulla reale utilità e valenza formativa di questa struttura del curricolo. Discussione che, necessariamente, deve avere anche una proiezione europea e la cui finalità deve essere quella della crescita nella qualità culturale e scientifica della formazione universitaria, puntando a superare la frammentazione dei percorsi formativi, e la parcellizzazione degli specialismi. È necessario porre fine alla sindrome del factotum: bisogna riconsiderare la distribuzione degli incarichi amministrativi, contabili e finanziari che ricadono sui docenti e ricercatori sottraendo tempo all’insegnamento, alla ricerca e alla didattica. Come in altri paesi europei, è fondamentale decentralizzare i ruoli amministrativi e inserire figure tecniche e gestionali in maniera capillare e democratica, non centralistica, permettendo un’ottimizzazione delle risorse e la valorizzazione dei ruoli. 7. Va chiusa la stagione della precarizzazione della ricerca. Non solo perché ha pesato sulla vita di moltissime e moltissimi giovani, ma perché precarizzazione vuol dire meno autonomia e libertà, meno capacità di

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