EB_...e quindi uscimmo a riveder le stelle

“…e quindi uscimmo a riveder le stelle” 55 virtù teologali e soprannaturali, proprie del cristiano battezzato, e segno distintivo della Chiesa di Cristo nel mondo (Canti XXIV, XXV, XXVI). Dante, uomo della storia, cristiano militante, legato alle vicende ed agli uomini del suo tempo, dichiara con fermezza la propria identità ed i propri ideali. L’esame sulla fede Prima che Dante affronti l’esame sulla fede, Beatrice prega i beati, perché diano al poeta un po’ di cibo della loro mensa (la contemplazione del mistero dell’Incarnazione e della Trinità) e qualche stilla della loro sapienza (la rugiada dello Spirito). Dalla fonte divina viene ciò che Dante pensa e crede: egli ha voglia e desiderio immenso per questo cibo e per questa bevanda. La fede di Dante coinvolge la gioia dei beati del Paradiso, che scintillano di gioia e danzano in cerchio con ritmi diversi. È il mistero della comunione dei Santi: tutti sono beati, ma non allo stesso modo. Una luce che splende più di tutte le altre, quella di San Pietro, ruota tre volte intorno a Beatrice, che invita il santo a mettere alla prova Dante intorno all'argomento della fede, e Dante si prepara a sostenere con onore questo esame. La prima domanda di San Pietro riguarda la definizione della fede: Di’ buon cristiano, fatti manifesto! Fede che è? (Par. XXIV, 34-45) Dante sente il bisogno di invocare la grazia di Dio e risponde traducendo alla lettera dall’epistola agli Ebrei. “Fede è sustanza delle cose sperate e argomento delle non parventi (Eb.11,1) e questa pare a me sua quiditate. (Par. XXIV, 64-66) La fede è sostanza: cioè fondamento, anticipazione e possesso iniziale di ciò che si spera (Dio e la sua vita, il Paradiso, la resurrezione, ecc.). È argomento: perché la ragione riflette sulle verità che ci sono rivelate e comunicate. La fede non può essere contraria alla ragione ed ha bisogno del suo aiuto. Ma non basta avere la fede nell’intelletto, bisogna averla nel cuore e nella vita: la fede è paragonata ad una moneta, perfetta nella lega, nel peso, nel conio. È necessario che sia nella propria borsa. Come la moneta ha valore e corso se è garantita dall’autorità dello Stato, così è per la fede, che deve essere autenticata dalla Chiesa. Dante ha la certezza assoluta di possedere questa fede e di avere questa moneta, lucida e tonda nella sua borsa. La fede è un obsequium rationale, non è un atto cieco, ha delle premesse che orientano la nostra ragione. I teologi medioevali le chiamavano i preamboli della fede (preambula fidei). Perciò San Pietro, proseguendo nel suo esame, domanda a Dante i motivi che lo inducono a credere. Dante risponde che la coerenza della rivelazione nella Sacra Scrittura dell’antico e del nuovo Testamento per opera dello Spirito Santo gli ha istillato la fede con una argomentazione così acuta, che ogni altra dimostrazione gli pare ottusa. Ma S. Pietro non è del tutto soddisfatto ed incalza chiedendo il motivo per cui Dante pensa che l’Antico ed il Nuovo Testamento siano una «divina favella»? Il poeta risponde che lo dimostrano le “opere seguite”, cioè i miracoli e le profezie. Ma l’apostolo ribatte che Dante cade in un circolo vizioso, perché chi assicura che i miracoli provino la rivelazione dei libri sacri, se la loro testimonianza si trova soltanto nella Bibbia? Dante risponde che se il mondo si fosse convertito al cristianesimo senza miracoli, questo sarebbe il miracolo più grande. La

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