“…e quindi uscimmo a riveder le stelle” 50 promanano dall’opera e dalla persona di Dante in tutti i campi della dottrina e della vita, unificate dalle supreme certezze della Religione cattolica».35 La medesima idea di una stretta relazione tra sapere umano e fede, relazione che nella Commedia si traduce in una sublime prova d’arte, emerge, spostandoci ora verso la figura di Giovanni Paolo II, entro il suo Discorso al Consiglio di Presidenza della Società Dante Alighieri del 13 giugno 1996, ove il Pontefice afferma: «L’attualità del messaggio dell’Alighieri, dal quale traete ispirazione, risulta in particolare dall’incontro fecondo tra fede e cultura che egli ha saputo attuare e tradurre in altissima arte nella Divina Commedia».36 Già nel Discorso ai frati minori conventuali del Centro Dantesco di Ravenna tenuto il 29 marzo 1980 per ringraziare del dono dell’ editio princeps della Commedia (Foligno, 1472), il Pontefice parla, del resto, per Dante, di una «dedizione appassionata e austera alla ricerca del vero e del bello».37 Ma è soprattutto all’altezza del Discorso all’inaugurazione della mostra “Dante in Vaticano”, il 30 maggio 1985, che il concetto viene dispiegato in maniera più analitica, attraverso il richiamo a uno dei tanti neologismi danteschi, il verbo Trasumanar di Par. I 69. In proposito il Pontefice afferma infatti (e si noti, anche qui, il riferimento alla luce): C’è un’indicazione preziosa che fa parte dell’ascesi cristiana, e che in italiano trova espressione in un verbo molto efficace: transumanare. Fu questo lo sforzo supremo di Dante: fare in modo che il peso dell’umano non distruggesse il divino che è in noi, né la grandezza del divino annullasse il valore dell’umano. Per questo il Poeta lesse giustamente la propria vicenda personale e quella dell’intera umanità in chiave teologica; per questo spiritualizzò il sistema planetario, vide i cieli come narratori privilegiati della gloria di Dio, inondò di luce le balze del Purgatorio e i cieli del Paradiso. La luce, in particolare: tutto il Medioevo parlò della luce, cercò la luce nello splendore dei mosaici per la vibrazione delle tessere musive, volle una luce diversa nelle chiese per mezzo delle celebri vetrate istoriate.38 Una medesima concezione della «bellezza della poesia» come tramite privilegiato verso «la profondità del mistero di Dio e dell’amore» si rinviene all’inizio della Lettera Apostolica di Papa Francesco Candor lucis eternae (25 marzo di quest’anno);39 e una stessa apertura verso la bellezza e il mondo delle creature, specchio del proprio creatore, si affaccia entro il testo in corrispondenza del paragrafo dedicato a tratteggiare l’intima sintonia tra san Francesco e Dante.40 A questa Lettera Apostolica vorrei dedicare l’ultima parte del mio intervento, mettendone in rilievo alcuni nuclei tematici. Dopo aver tratteggiato, come già si è detto, il panorama degli interventi papali intorno a Dante nel secolo precedente, a partire da Benedetto XV,41 Papa Francesco presenta una sintetica ma accurata biografia di Dante, fortemente pervasa da un’idea di fondo ricorrente, quella profondamente cristiana e già medievale del pellegrinaggio, inteso tanto come «dolorosa peregrinazione da una città all’altra in cerca di rifugio e sostegno», quanto come «paradigma della condizione umana, la quale si presenta come un cammino, interiore prima che esteriore, che mai si arresta finché non giunge alla meta».42 Di un pellegrinaggio dantesco «personale e interiore», e al contempo però anche «comunitario, ecclesiale, sociale e storico», 35 PAOLO VI, Discorso ai Comitati italiani ed esteri, p. 35. 36 GIOVANNI PAOLO II, Discorso al Consiglio di Presidenza della Società Dante Alighieri, 13 giugno 1996, in «… non fa scïenza, sanza lo ritenere, avere inteso», pp. 56-57, a p. 56. 37 GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai frati minori conventuali del Centro Dantesco di Ravenna, 29 marzo 1980, in «… non fa scïenza, sanza lo ritenere, avere inteso», p. 51. 38 GIOVANNI PAOLO II, Discorso all’inaugurazione della mostra “Dante in Vaticano”, 30 maggio 1985, in «… non fa scïenza, sanza lo ritenere, avere inteso», pp. 53-55, a p. 54, §3. 39 FRANCESCO, “Candor lucis aeternae”, p. 2, introd. 40 Ivi, pp. 12-13, §8. 41 Ivi, pp. 2-5, §1. 42 Ivi, pp. 6-7, §2, a p. 7.
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