EB_...e quindi uscimmo a riveder le stelle

“…e quindi uscimmo a riveder le stelle” 5 La fortuna di Dante tra Novecento e contemporaneità Alberto Casadei 1. Il poema di Dante suscitò quasi subito reazioni piuttosto divaricate. Se consideriamo che le prime due cantiche erano già ben diffuse già intorno al 1315, i vari aneddoti riportati per esempio dal novelliere Franco Sacchetti (ca. 1330-1400) o da Boccaccio testimonierebbero un immediato successo popolare, e insieme un’immediata deformazione del testo, tanto da suscitare le ire del poeta contro fabbri o asinai che maltrattavano la sua composizione. Viceversa proprio l’uso del volgare, sia pure nobilitato dalla qualità stilistica, viene considerato negativamente dai lettori di cultura pre-umanistica, sostenitori dell’uso esclusivo del latino nelle opere letterarie più importanti. Già pochi anni dopo la morte del poeta l’orientamento generale dei letterati italiani era quello di esaltare le nuove scritture latine, appannaggio dei colti e raffinati pre-umanisti, a scapito di quelle volgari, considerate adatte a opere di minor importanza oppure più intime. Petrarca sceglierà sì il volgare per il suo Canzoniere, però selezionando sia il lessico, sia gli argomenti adatti per una poesia alta, che riprende la grande tradizione lirica provenzale, stilnovista e propriamente dantesca, ma coniugandola con una componente intima, derivata da un rapporto stretto con Sant’Agostino e le sue Confessioni , nonché con modelli lirici antichi (come Orazio o Catullo) interamente o quasi sconosciuti a Dante. Bisognerà attendere la fine del Sette e poi l’Ottocento per assistere a una rinascita dell’interesse per questo autore. Per quanto ci interessa nel presente contributo, notiamo innanzitutto che, a partire dall’inizio del Novecento, Dante è stato riletto nei suoi fondamenti linguistico-stilistici e culturali senza far riferimento agli ideali patriottico-civili che raggiunsero la loro massima diffusione intorno al 1865 (e adesso da rileggere ‘senza retorica’). Se ancora in occasione dell’anniversario del 1921, dopo una grande e terribile guerra mondiale, in Italia dominano le celebrazioni di tipo nazionalistico, solo in parte stemperate dal risalto attribuito all’attività filologica per le edizioni critiche delle opere dantesche, coordinate dal grande studioso Michele Barbi, la novità è rappresentata dalla critica che seguiva il magistero di Benedetto Croce, che per l’appunto pubblicò nel ’21 il suo celebre e poi contestato saggio su La poesia di Dante, nel quale si proponeva di superare alcune contraddizioni emerse nelle letture di critici idealistico-romantici come Francesco De Sanctis (peraltro autore di alcuni memorabili saggi danteschi), per dare spazio alla liricità del poeta, separando gli aspetti della struttura morale e teologica da quelli dell’autentica intuizione ed espressione di un’immagine esteticamente valida. Il metodo crociano di divisione tra poesia e non poesia purtroppo era del tutto inadeguato a comprendere la complessità del poema, ma costringeva comunque a riflettere sull’effettiva valenza del testo a prescindere dalle risonanze ideologiche o dai meri contenuti. Benché i modi fossero diversi, la direzione era la stessa della nuova fase interpretativa che avrebbe condotto a una rinnovata attenzione agli aspetti stilistici dell’opera dantesca. Alla cosiddetta ‘funzione Dante’ vengono assegnate, nella prima metà del XX secolo, molte componenti diverse, per esempio quella di essere alla radice dell’ispirazione che spingeva i nuovi artisti ad accumulare qualunque materiale della realtà, ricomponendolo e riadattandolo a un nuovo contesto (un po’ come fece Marcel Duchamp con i suoi ready-made). Da questo punto di vista, fra i discepoli ideali di Dante si conta il poeta statunitense Ezra Pound, che nei suoi Cantos (1917-1962) provò a far diventare materia poetica persino i conti economici, le lingue antiche anche non europee (come il cinese), la storia mondiale e così via. Ma l’Ordine gli mancò completamente, e non solo per le traversie biografiche, bensì soprattutto perché era in sé impossibile far fronte all’inclusività onnicomprensiva.

RkJQdWJsaXNoZXIy NTYxOTA=