“…e quindi uscimmo a riveder le stelle” 30 La presenza di Maria nel Paradiso La poesia mariana di Dante, sempre nutrita di Sacra Scrittura, di fede, di studio e di teologia, di preghiera liturgica, di devozione personale e popolare, di amore all’arte, fiorisce nella sua memoria soprattutto nella cantica del Paradiso. Ora egli si limita a brevi accenni isolati, ma sempre pregnanti di significato, ora si distende in ben quattro canti (XXIII, XXXI, XXXII, XXXIII) con una ispirazione lirica altissima, unica, irripetibile, che dimostra tutto il suo amore per la Vergine Madre, capolavoro di Dio. Parlando di Lei egli si sente avvolto da uno slancio tenero ed affettivo, e quando ricorda il mistero dell’incarnazione, il mistero di Dio che si fa uomo nel grembo di Maria, prova per così dire un brivido intellettivo, un’emozione frutto della sua intelligenza e della sua fede piene di stupore davanti all’iniziativa divina. Nel cielo della luna Troviamo il primo accenno a Maria nell’incontro, carico per Dante di ricordi personali e di soavità, con Piccarda Donati, monaca clarissa rapita dal suo convento per iniziativa del fratello Corso Donati, per essere data in sposa ad un suo sostenitore politico. Essa racconta la sua fuga dal mondo, il suo desiderio di protezione che la portò a rinchiudersi entro un abito religioso ed in un monastero, l’iniziativa violenta di uomini, più abituati al male che al bene, che la rapirono dal dolce chiostro, la sofferenza che ne seguì; aggiunge anche lo storia della madre dell’imperatore Federico II, la grande Costanza, che si trovò in una situazione analoga. Poi lentamente scompare dalla vista di Dante. “Così parlommi, e poi cominciò ‘Ave Maria’ , cantando, e cantando vanio come per acqua cupa cosa grave”. (Paradiso III, 121-123) Sono versi carichi di fonosimbolismo, quasi una musica di dissolvenza, che piacevano tanto al poeta Pascoli, per i suoni, il ritmo, gli accenti, perché cantando l’ Ave Maria, così come era abituata nella pace del chiostro, Piccarda svanisce dallo sguardo di Dante. Il canto dell’Ave Maria è il primo dei canti che Dante ascolta nel Paradiso. Beatrice spiega poi a Dante che tutte le anime hanno la loro sede nell’empireo, ma secondo l’influsso dei cieli che hanno subito – qui siamo nel cielo della luna – alcune di esse vengono incontro a lui per accoglierlo nella sua ascesa. Anche la Vergine Maria è lassù ed il suo nome, in posizione forte alla fine del verso e della terzina, ritorna come un lampo luminoso e fuggitivo, perché è Lei la più eccelsa di tutti i santi, più dei Serafini, di Mosè, di Samuele, di Giovanni Battista e Giovanni evangelista. “D’i Serafin colui che più s’india, Moisè, Samuèl e quel Giovanni che prender vuoli, io dico, non Maria. non hanno in altro cielo i loro scanni”. (Paradiso IV, 28-31) Nel cielo di Mercurio Nel cielo di Mercurio Beatrice spiega a Dante perché Dio si è fatto uomo: Adamo ha peccato, disobbedendo al suo creatore, ma non era in grado di riparare in modo adeguato. Con l’incarnazione del Verbo, Dio esercitò in sommo grado la sua misericordia, offrendo se stesso in olocausto in persona del Figlio; ed insieme la sua giustizia. “…L’umana specie inferma giacque giù per molti secoli in grande errore, fin ch’al Verbo di Dio discender piacque
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