LA SCUOLA E L’UOMO - Anno LXXIX- Numero 7-8 - Luglio-Agosto 2022 II come nella sostanza; una logica aziendalista nella gestione, una quantificazione esecutiva nelle metodologie, un prevalente economicismo nelle finalizzazioni. Questa subalternità sostanziale nell’universo formativo è quasi plasticamente sovrapponibile (ed evidentemente funzionale) a quanto è avvenuto nei processi produttivi, nel mondo del lavoro, nella progressiva privatizzazione delle relazioni sociali e dei beni comuni; in estrema sintesi: l’assunzione delle compatibilità del capitalismo globale, e delle sue espressioni periferiche, come dato oggettivo e tendenza naturale della storia. Le conseguenze, a cominciare da quelle ambientali, sono sotto gli occhi di tutti e la pandemia non ha fatto altro che evidenziarle e amplificarle. In questo senso, il governo Draghi e il PNRR possono essere considerati un distillato di quelle tendenze decennali. Scuola Il mondo della scuola, in tutte le sue componenti, non può più essere oggetto passivo di provvedimenti imposti dall’esterno, ma deve essere coinvolto seriamente nei propri processi di riforma e cambiamento. Per queste ragioni, uno dei primi atti che attiveremo, nel nuovo Parlamento, sarà una proposta di legge che – previa un’ampia discussione con tutte le componenti della scuola – in estrema sintesi, preveda: 1. la riduzione ad un massimo di 20 alunni per classe (15 se presente uno/una alunno/a con disabilità) e il recupero di immobili pubblici, compresi quelli appartenenti al demanio militare con priorità di destinazione ad uso scolastico; non solo per ragioni sanitarie, ma per consentire una didattica realmente inclusiva, maggiormente attenta ai processi di crescita individuale, ulteriormente qualificata e al livello dei problemi che la trasformazione digitale determina nella conoscenza, oltre che per attivare serie ed efficaci misure di contrasto all’abbandono scolastico; per raggiungere questo obiettivo, è anche necessario che venga abrogato quanto previsto dal Decreto Legge 25 giugno 2008 n. 112, art. 64, comma 6, a firma Tremonti, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 13. Norme che hanno incrementato di un punto il rapporto alunni/docente per classe e determinato l’effetto immediato della perL’ITALIA DELLA CULTURA Il sistema dell’istruzione e della formazione è oggetto di un processo di snaturamento, rispetto alle finalità di liberazione ed emancipazione che la Costituzione gli assegna. Impoverito, precarizzato, burocratizzato e piegato alle logiche del mercato. È una spinta che viene da lontano ed ha caratteri globali, ma che nell’ultimo decennio, nel nostro Paese, e in particolare coi governi Renzi e Draghi, ha conosciuto una evidente intensificazione, di cui gli indirizzi del PNRR costituiscono un segno evidente. Ultimo atto, rivelatore di una china ancor più pericolosa e inaccettabile, è l’impressionante aumento della spesa militare, a fronte di una riduzione del bilancio dello Stato sull’istruzione. Un mare di soldi per la guerra, un taglio al sapere (come alla salute); è una logica che respingiamo alla radice, anche perché evidenzia una prospettiva e un modello di società che consideriamo orribili e che la maggioranza degli italiani rifiuta. La formazione e la ricerca, la loro libertà, la qualità e le finalità che le orientano sono una grande questione democratica. Sono, anzi, componente essenziale delle democrazie, in un’era in cui, all’inizio di un secolo e di un millennio, assistiamo alla loro profonda crisi, al consolidarsi di una loro involuzione autoritaria (che guerra e riarmo non possono che accelerare), ad un pericoloso mutamento del rapporto tra libertà e capitalismo globale. Occorre ribaltare la funzione prevalentemente produttivistica del sapere, nel linguaggio
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