L’IMPEGNO POLITICO DEI CATTOLICI

L’IMPEGNO POLITICO DEI CATTOLICI

                                      Michele Pennisi, Arcivescovo di Monreale

 

Il problema dei rapporti fra fede e impegno sociale e politico costituisce uno dei nodi principali della odierna vita ecclesiale e trova ampie risonanze nel più vasto dibattito culturale e politico presente nella nostra società.

Riguardo al ruolo dei giovani nella politica secondo una prima linea di pensiero vi sarebbe l’utopia come unica strada, cioè la speranza in un futuro migliore e tuttavia ogni giorno più lontano. Una seconda impostazione denuncia al contrario il rischio di atarassia, ossia una disaffezione dei giovani per la politica e l’indifferenza verso un mondo percepito come chiuso al cambiamento, o a nuovi sistemi di pensiero e di azione.

Intendo affrontare questo argomento non in astratto ma a partire dall’esperienza del servo di Dio don Luigi Sturzo tra i più significativi esponenti del movimento cattolico siciliano prima ed italiano[1].

Don Luigi Sturzo fu definito dal Santo Padre Giovanni Paolo II nel suo discorso all’Università di Palermo durante la sua prima visita in Sicilia “infaticabile promotore del messaggio sociale cristiano ed appassionato difensore delle libertà civili”[2] ed indicato dallo stesso Pontefice, in un discorso ai vescovi siciliani del 1981, come modello ai sacerdoti nel “loro apostolato di evangelizzazione e di promozione umana”.[3]

 

  1. Il mistero dell’Incarnazione come fondamento teologico dell’impegno sociale del credente

L’impegno sociale del cristiano trova il suo fondamento nella teologia della creazione e dell’alleanza e nel fatto che il Figlio si è fatto uomo.

Dunque non si può sfuggire alla storia, all’impegno per la giustizia, per la pace, per la salvaguardia del creato.

A partire dal mistero dell’incarnazione di Gesù Cristo in cui la natura umana e quella divina sono unite nell’unica persona del Verbo “senza confusione e separazione” (Concilio di Calcedonia) bisogna evitare i due errori opposti del monofisismo pratico che confonde fede e impegno sociale fino ad identificarli sfociando nell’integrismo, sia il nestorianesimo pratico che separa fede e vita sociale sfociando in un dualismo di stampo laicista.

Si tratta per i cristiani di stabilire un equilibrio non facile, ma necessario tra fede e storia, fra il temporale e l’eterno, fra grazia e natura.

Jacques Maritain parlando del pensiero e dell’attività sociale e politica di don Luigi Sturzo la sintetizza in questi termini: “In lui l’attività temporale e la vita spirituale erano tante più perfettamente distinte in quanto intimamente unite, nell’amore e nel servizio di Cristo”. [4]

Don Luigi Sturzo cercò di realizzare un’«ortoprassi» cristiana della politica, basata su un corretto rapporto tra ordine naturale e ordine soprannaturale, che escludesse sia un assorbimento del naturale nel soprannaturale, sia una giustapposizione fra i due ordini.

C’è quindi una distinzione ma non una separazione fra la fede cristiana e l’impegno politico.

Parlando della responsabilità sociale derivante dalla fede cristiana il Catechismo degli Adulti della CEI afferma: “La cultura moderna ha il merito di aver affermato la consistenza propria della vita civile rispetto a quella religiosa. Spesso però è arrivata a considerare la fede un affare privato, irrilevante in ambito sociale e politico. Il cristiano accetta la distinzione delle realtà terrene da quelle eterne e spirituali, ma non la separazione. Sa che ogni dimensione della realtà ha leggi proprie ed esige un metodo ed una competenza specifici, ma ritiene che tutto debba essere finalizzato a obiettivi coerenti con la dignità e la vocazione dell’uomo, rivelate pienamente solo dalla parola di Dio. Egli da una parte individua nel peccato la radice profonda dei mali della società, dall’altra si rende conto che la conversione a Dio implica anche serietà di impegno per una società autenticamente umana. [5]

 

  1. L’impegno sociale come atto di amore

L’urgenza dell’evangelizzazione del sociale e del conseguente impegno politico deriva dalla necessità di superare la frattura fra Vangelo e cultura e di rendere effettivo l’impegno di amore verso il prossimo.

Luigi Sturzo sentì come una sua missione quella di introdurre la carità nella vita pubblica nella convinzione che la carità cristiana non può ridursi solo alla beneficenza o all’assistenza ma deve essere l’anima della riforma della moderna società democratica nelle quale le persone sono chiamate a partecipare responsabilmente alla vita sociale per realizzare il bene comune. La carità cristiana, per Sturzo non può essere dissociata dalla ricerca della giustizia la quale è determinata dall’amore verso prossimo, che a sua volta è generato dall’amore verso Dio. Da queste premesse don Luigi Sturzo concepirà la politica come dovere morale e atto d’amore. L’amore considerato come il cemento che dà coesione e armonia alla vita sociale non sopprime per Sturzo la dialettica politica, ma la corregge, la eleva e la perfeziona. .

Così Sturzo scrive in un articolo scritto nel 1942 che s’intitola: É la politica cosa sporca?:  «La politica non è una cosa sporca. Pio XI, parlando dieci anni fa a dei giovani belgi, la definì «un atto di carità del prossimo». Infatti lavorare al bene di un paese, o di una provincia, o di una città, o di un partito, o di una classe (secondo il rango politico che uno assume) è fare del bene al prossimo riunito in uno Stato, o città, o provincia, o classe, o partito. Tutto sta nel modo di lavorare, nello scopo e nei mezzi. In ogni nostra attività noi incontriamo il prossimo: chi mai può vivere isolato? E i nostri rapporti con il prossimo sono di giustizia e di carità. La politica è carità […]»[6].

Luigi Sturzo concepì la sua attività sociale e politica come esigenza e manifestazione dell’amore cristiano strettamente collegato con la giustizia, considerato non come un valore astratto, ma come il principio ispiratore dell’azione concreta.[7]

 

  1. I rischi della militanza dei cristiani nei partiti politici

A proposito della militanza dei cattolici nella vita politica don Sturzo non elabora teorie astratte e valide  per tutti i tempi ed in tutti i luoghi, ma storicizza il problema dell’appartenenza dei cristiani nei vari partiti in riferimento alle varie e mutevoli situazioni concrete. Egli constata che nei regimi costituzionali si sono percorse tre vie: o quella di costituire un partito di ispirazione cristiana separato dall’Azione Cattolica e indipendente dall’episcopato (come in Belgio, in Olanda ed in Italia); o quello di entrare nei partiti legali continuando ad avere gruppi di animazione cristiana all’interno dei vari partiti e (come per esempio in Francia); o quello di aderire indifferentemente ai vari schieramenti politici caratterizzati non su basi ideologiche ma su impostazioni pragmatiche( come negli Stati Uniti ed in Inghilterra).

Sturzo con molto realismo vede i  rischi che i cattolici possono correre nelle varie circostanze storiche.  A proposito dei cattolici che si inseriscono in partiti cosiddetti “laici” egli scrive :”La mia esperienza mi ha sempre provato che i cattolici che entrano in partiti strettamente politici, non solo perdono il senso dell’apostolato sociale che si trova nei partiti di ispirazione cristiana, ma si attaccano troppo agli aspetti materiali e utilitari della politica […] questi cattolici diventano spesso una minoranza isolata e senza influenza in mezzo ad una maggioranza troppo materialista e realista”.   Don Luigi Sturzo vede però anche i rischi che possono correre i cattolici militanti nei partiti di ispirazione cristiana:” I partiti di ispirazione cristiana, come gli altri, anche se sono costituiti con un nobile programma e con la volontà di servire il loro paese, corrono il rischio di diventare una camarilla e di ispirarsi a poco a poco ad uno spirito partigiano né più né meno di qualunque altro gruppo umano”. Egli aggiunge:” Bisogna uscirne appena ci si accorge di esserne prigionieri, bisogna che i cattolici mettano gli interessi della nazione al di sopra di quelli del partito”[8]

Il contesto attuale, anche in Italia, è molto diverso da quello descritto da Sturzo. In molti tende a prevalere sull’impegno politico come  luogo di “apostolato sociale” una impostazione pragmatica ed utilitaristica  che spesso rischia di censurare i valori fondamentali  derivanti  dalla presenza dell’esperienza cristiana in campo culturale, sociale e civile o in uno sterile moralismo, che considerando al politica “cosa sporca” si rifugia in una malintesa “scelta religiosa” o al massimo in un impegno sociale di corto respiro in quanto staccato da un progetto politico e culturale di alto profilo. Il rischio è che i cattolici si disperano in una frammentazione che travolge assieme all’unità partitica, anche quella culturale ed ecclesiale, col risultato di far sparire i cattolici come soggetto sociale.

 

  1. 4. Unità dei cristiani e “pluralismo ordinato”

Per quanto riguarda l’unità dei cattolici bisogna innanzitutto dire che c’è una unità di fondo dei credenti sul piano della fede, dell’appartenenza ecclesiale e della concezione cristiana della vita, che è prima di ogni pluralismo e che sola consente una pluralità di posizioni all’interno del cattolicesimo.

A livello dell’unità organizzativa nell’azione sociale e politica nel secolo scorso ci sono stati molti modelli: dall’impegno religioso e  sociale dell’Opera dei congressi, all’astensionismo elettorale degli intransigenti che si esprimeva nella formula “né eletti né elettori”, alla “democrazia cristiana” murriana, al Patto Gentiloni, al Partito Popolare Italiano di Sturzo, alla Democrazia Cristiana del secondo dopoguerra con le sue varie correnti, ai vari movimenti e partiti di ispirazione cristiana presenti in campo sociale e politico.

In questo contesto, se dovessi usare una formula sintetica, parlerei a proposito dell’impegno sociale e politico dei cattolici di “pluralismo ordinato”.[9]

Bisogna ricordare a questo proposito che se la fede, testimoniata dal popolo cristiano in cammino nella storia, ha una sua rilevanza pubblica, non tutte le scelte possibili nella vita sociale sono conciliabili con la concezione cristiana della vita.

A livello morale i cristiani non possono prescindere dal promuovere alcuni valori fondamentali per la vita di una società a misura d’uomo. Tra questi valori dell’umanesimo cristiano oggi i più importanti sono: il primato e la centralità della persona; il carattere sacro ed inviolabile della vita umana in ogni istante della sua esistenza; la promozione della famiglia fondata sul matrimonio; la dignità e il contributo della donna allo sviluppo sociale; il pluralismo sociale , la promozione di un autentico metodo democratico e la effettiva libertà di educazione; la centralità del lavoro; l’attenzione privilegiata alle fasce più deboli della popolazione senza discriminazioni compresi gli immigrati; la valorizzazione delle autonomie  locali e dei corpi intermedi nel rispetto del principio di sussidiarietà; la libertà e  i diritti inviolabili degli uomini e dei popoli, la solidarietà e la cooperazione tra i popoli per una pace fondata sulla giustizia a livello mondiale in vista della creazione di strutture istituzionali autorevoli della comunità internazionale.

A livello esistenziale i cristiani sono chiamati a testimoniare con la vita i valori indicati, molti dei quali sono patrimonio comune del nostro popolo e sono recepiti nella nostra Costituzione. Questi valori sono strettamente collegati fra di loro e vanno accettati globalmente. Sarebbe illogico ad esempio approvare la dignità della persona lottando contro la mafia e poi favorire l’aborto, tutelare la natura e gli animali e poi permettere la soppressione degli embrioni umani, difendere la libertà di impresa e non promuovere la solidarietà verso i più deboli, organizzare cortei pacifisti e poi propugnare l’odio di classe e la violenza.

Il contributo originale che i cristiani possono dare alla vita sociale non sta tanto nella riproposizione astratti di tali valori e nell’elaborazione astratta di progetti politici fatti a tavolino che cerchino di dosare questi valori  quasi si trattasse di ingredienti di un minestrone che potesse soddisfare i vari palati, ma nel favorire la formazione di persone rinnovate dall’incontro con Gesù Cristo all’interno della comunità ecclesiale, che sappiano costruire dei luoghi umani in cui questi valori tentino di essere realizzati.

Questo “pluralismo ordinato” dovrebbe realizzarsi all’interno di un progetto culturale e pastorale unitario, che possa trovare dei momenti di convergenza e di confronto attraverso varie iniziative.Tra queste  vorrei indicare le Settimane Sociali dei cattolici italiani, Reti in Opera e altre iniziative promosse da associazioni e movimenti di ispirazione cristiana per favorire il dialogo e la collaborazione fra le varie anime del cattolicesimo italiano a servizio del bene comune.

 

5 . Il confronto fra i partiti politici

In questi tempi il confronto pare schiacciato su aspetti personalistici e poco sui contenuti. L’avversario politico non è il nemico da abbattere a tutti i costi e con qualsiasi mezzo. Una campagna elettorale condotta solo come guerra fra bande, o come demonizzazione dell’avversario senza affrontare un confronto sui contenuti del progetto politico non porta da nessuna parte. Ai candidati si chiede onestà, competenza e coerenza etica. Don Luigi Sturzo tra le virtù dei politici cita la franchezza, la sincerità, la fermezza nel sapere dire anche i no, l’umiltà da cui scaturisce il senso del limite, il non attaccamento al denaro e alla fama, la competenza, la progettualità politica , la capacità di programmazione nel discernere i tempi politici, quelli parlamentari, quelli burocratici e quelli tecnici per non creare facili illusioni, che svaniscono finita  la campagna elettorale.

Le elezioni non sono un concorso di bellezza. I cittadini debbono scegliere sui programmi concreti non in base alla faccia più o meno simpatica dei candidati nei mega manifesti elettorali o agli slogan pubblicitari.   Su questi temi i candidati dovrebbero confrontarsi realmente. E sulla base delle loro risposte i cittadini elettori dovrebbero maturare le proprie scelte. L’accoglienza dei migranti, per fare un esempio implica il modello di società che vogliamo, in cui l’altro è un bene da accogliere, non un pericolo da tenere lontano. Lo stesso dicasi dell’inclusione sociale. Non è pensabile un’azione politica che non implichi un sostegno ai ceti più deboli. Le nostre società tendono, invece, a emarginare, a scartare i poveri e i deboli, nell’illusione che isolandoli dalla nostra vista essi possano quasi non esistere. E invece i poveri ce li abbiamo sempre con noi e giudicano la nostra società costruita sulla logica del profitto e non della solidarietà.

 

  1. L’impegno politico dei cattolici nel Magistero della Chiesa

Ai fedeli laici, occupati nella gestione della cosa pubblica, la Chiesa ricorda il dovere della coerenza con la visione cristiana della vita. A volte la necessità di tutelare efficacemente qualche valore fondamentale comporta anche la loro unità organizzata. Ma l’unità politica di programma e di partito, a differenza della coerenza, non è per i cattolici un’esigenza assoluta e costante. Sulla base di prospettive culturali ed esperienze operative diverse, possono legittimamente arrivare a scelte diverse, pur condividendo la stessa fede, il riferimento alla dottrina della Chiesa e la sincera dedizione al bene comune. In ogni caso dai cristiani ci si aspetta che siano esemplari per rigore morale, attenzione alla gente, spirito di servizio, professionalità. È legittimo avere diverse visioni del bene comune, ma non è mai lecito subordinarlo all’interesse proprio o di partito.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica al n.2442 dice:” Non spetta ai Pastori della Chiesa intervenire direttamente nell’azione politica e nell’organizzazione della vita sociale. Questo compito fa parte della vocazione dei fedeli laici, i quali operano di propria iniziativa insieme con i loro concittadini. L’azione sociale può implicare una pluralità di vie concrete; comunque, avrà sempre come fine il bene comune e sarà conforme al messaggio evangelico e all’insegnamento della Chiesa. Compete ai fedeli laici «animare, con impegno cristiano, le realtà temporali, e, in esse, mostrare di essere testimoni e operatori di pace e di giustizia».

Benedetto XVI nel settembre del 2008 a Cagliari parla di un nuovo protagonismo della società civile e della comunità ecclesiale e auspica il sorgere di “nuova generazione di laici cristiani impegnati,capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile”(11 Benedetto XVI a Cagliari 7.9.08).

Nel discorso del Santo Padre Benedetto XVI alla XXIV Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio dei Laici sul tema “Testimoni di Cristo nella comunità politica” il Santo Padre ha detto:”Certamente, non rientra nella missione della Chiesa la formazione tecnica dei politici. Ci sono, infatti, a questo scopo varie istituzioni. E’ sua missione, però, “dare il suo giudizio morale anche su cose che riguardano l’ordine politico, quando ciò sia richiesto dai diritti fondamentali della persona e dalla salvezza delle anime… utilizzando tutti e solo quei mezzi che sono conformi al Vangelo e al bene di tutti, secondo la diversità dei tempi e delle situazioni” (Gaudium et spes, 76). La Chiesa si concentra particolarmente nell’educare i discepoli di Cristo, affinché siano sempre più testimoni della sua Presenza, ovunque. Spetta ai fedeli laici mostrare concretamente nella vita personale e familiare, nella vita sociale, culturale e politica, che la fede permette di leggere in modo nuovo e profondo la realtà e di trasformarla; che la speranza cristiana allarga l’orizzonte limitato dell’uomo e lo proietta verso la vera altezza del suo essere, verso Dio; che la carità nella verità è la forza più efficace in grado di cambiare il mondo; che il Vangelo è garanzia di libertà e messaggio di liberazione; che i principi fondamentali della Dottrina sociale della Chiesa – quali la dignità della persona umana, la sussidiarietà e la solidarietà – sono di grande attualità e valore per la promozione di nuove vie di sviluppo al servizio di tutto l’uomo e di tutti gli uomini. Compete ancora ai fedeli laici partecipare attivamente alla vita politica, in modo sempre coerente con gli insegnamenti della Chiesa, condividendo ragioni ben fondate e grandi ideali nella dialettica democratica e nella ricerca di un largo consenso con tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita e della libertà, la custodia della verità e del bene della famiglia, la solidarietà con i bisognosi e la ricerca necessaria del bene comune. I cristiani non cercano l’egemonia politica o culturale, ma, ovunque si impegnano, sono mossi dalla certezza che Cristo è la pietra angolare di ogni costruzione umana”[10].

La politica è un ambito molto importante dell’esercizio della carità. Essa richiama i cristiani a un forte impegno per la cittadinanza, per la costruzione di una vita buona nelle nazioni, come pure ad una presenza efficace nelle sedi e nei programmi della comunità internazionale. C’è bisogno di politici autenticamente cristiani, ma prima ancora di fedeli laici che siano testimoni di Cristo e del Vangelo nella comunità civile e politica. Questa esigenza dev’essere ben presente negli itinerari educativi delle comunità ecclesiali e richiede nuove forme di accompagnamento e di sostegno da parte dei Pastori. L’appartenenza dei cristiani alle associazioni dei fedeli, ai movimenti ecclesiali e alle nuove comunità, può essere una buona scuola per questi discepoli e testimoni, sostenuti dalla ricchezza carismatica, comunitaria, educativa e missionaria propria di queste realtà.

Si tratta di una sfida esigente. I tempi che stiamo vivendo ci pongono davanti a grandi e complessi problemi, e la questione sociale è diventata, allo stesso tempo, questione antropologica. Sono crollati i paradigmi ideologici che pretendevano, in un passato recente, di essere risposta “scientifica” a tale questione. Il diffondersi di un confuso relativismo culturale e di un individualismo utilitaristico ed edonista indebolisce la democrazia e favorisce il dominio dei poteri forti. Bisogna recuperare e rinvigorire un’autentica sapienza politica; essere esigenti in ciò che riguarda la propria competenza; servirsi criticamente delle indagini delle scienze umane; affrontare la realtà in tutti i suoi aspetti, andando oltre ogni riduzionismo ideologico o pretesa utopica; mostrarsi aperti ad ogni vero dialogo e collaborazione, tenendo presente che la politica è anche una complessa arte di equilibrio tra ideali e interessi, ma senza mai dimenticare che il contributo dei cristiani è decisivo solo se l’intelligenza della fede diventa intelligenza della realtà, chiave di giudizio e di trasformazione. È necessaria una vera “rivoluzione dell’amore”.

Fra i tanti interventi di papa Francesco mi limito a ricordare quello che il Papa ha detto a Cesena il 1 ottobre 2017 quando ha richiamato “la necessità, per la vita della comunità, della buona politica; non di quella asservita alle ambizioni individuali o alla prepotenza di fazioni o centri di interessi. Una politica che non sia né serva né padrona, ma amica e collaboratrice; non paurosa o avventata, ma responsabile e quindi coraggiosa e prudente nello stesso tempo; che faccia crescere il coinvolgimento delle persone, la loro progressiva inclusione e partecipazione; che non lasci ai margini alcune categorie, che non saccheggi e inquini le risorse naturali […]  che sappia armonizzare le legittime aspirazioni dei singoli e dei gruppi tenendo il timone ben saldo sull’interesse dell’intera cittadinanza. Questo è il volto autentico della politica e la sua ragion d’essere: un servizio inestimabile al bene all’intera collettività. E questo è il motivo per cui la dottrina sociale della Chiesa la considera una nobile forma di carità. Invito perciò giovani e meno giovani a prepararsi adeguatamente e impegnarsi personalmente in questo campo, assumendo fin dall’inizio la prospettiva del bene comune e respingendo ogni anche minima forma di corruzione”.

Educare ad una politica buona significa educare a coltivare lo spirito di servizio, favorire l’esercizio di una cittadinanza attiva e responsabile, ricordando quello che scrisse Romano Guardini nell’ultima delle sue lettere sull’autoformazione: lo Stato è dentro di noi, non solo fuori.

Alla comunità ecclesiale compete quindi non la formazione tecnica dei politici ma l’educazione morale dei cristiani laici alla luce della Dottrina sociale della chiesa, come strumento di evangelizzazione e parte integrante della catechesi soprattutto degli adulti.

Solo attraverso nuove forme di accompagnamento spirituale e di sostegno culturale e pastorale, che vanno organizzato in modo organico e capillare, il sogno di una generazione di cristiani alici impegnati in campo sociale e politico potrà cominciare a diventare realtà.

E importante che i cristiani, qualunque sia la loro scelta partitica, siano i soggetti della nuova evangelizzazione che comporta anche un impegno rinnovato per essere come autentici testimoni della carità evangelica sale, luce e lievito nella nostra società, in spirito di servizio e di dialogo con gli uomini e le donne del nostro tempo.

 

 

 

 

[1] Cfr. F. MALGERI, Luigi Sturzo, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo(MI) 1993, 82 ss.

[2] L’Osservatore Romano, 22-23 novembre 1982, 3

[3] L’Osservatore Romano, 12 dicembre 1981, 1.

    [4] J. MARITAIN, <<Hommage à Don Sturzo>> in F. DELLA ROCCA, Itinerari sturziani, Ed. di Politica

Popolare, Napoli 1958.

[5] CEI, La verità vi farà liberi, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1995, n. 1086.

[6]  L. STURZO, É la politica cosa sporca?, in Il Popolo, 15 ottobre 1991.

[7]  M.PENNISI, Amore e giustizia nell’impegno socio-politico di Luigi Sturzo, in AA.VV., Sermo Sapientiae, Galatea Ed,, Acireale 1990, 223-240.

[8] L. Sturzo, Politica e morale, cit. 106-107. Cfr. M.PENNISI, Fede ed impegno politico in Luigi Sturzo, Città Nuova, Roma 1982; ID., Fede, impegno politico e partito di ispirazione cristiana in Luigi Sturzo, in AA.VV., Fede e politica oggi, Editrice Massimo, Milano 1983,97-119.

[9] Questa formula usata per la prima volta un decennio fa dal mio amico mons. Domenico Sorrentino fu oggetto di alcuni miei interventi sulla stampa.cfr.M. PENNISI, Cattolici in politica: Pluralismo ordinato, in La Sicilia, 20 aprile 1994,6.

    [10] cfr Congregazione. per la Dottrina della Fede, Nota Dottrinale su alcune questioni relative

   all’impegno e al comportamento dei cattolici nella vita politica, 24 novembre, 2002.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *