La Scuola e l'Uomo - n. 9-10-Settembre-Ottobre 2021

LA SCUOLA E L’UOMO - Anno LXXVIII - Numero 9-10 - Settembre-Ottobre 2021 17 tale è quinquennale, al quale si aggiungono due anni di livello terziario, mentre quello regionale è quadriennale più un anno di li- vello superiore. La sorte degli istituti tecnici è sempre stata legata alla grande impresa, la quale ha preteso un sistema nazionale per la pre- parazione di «tecnici intermedi» ed oggi sta affannosamente cercando, anche attraverso appositi percorsi di alternanza, indirizzi sco- lastici capaci di produrre competenze adatte ai cambiamenti del sistema produttivo, una rincorsa però che sa di Achille e la tartaruga, che vede il calo degli studenti in favore dei licei, una anacronistica rigidità dell’indiriz- zo scolastico a fronte di maggiore flessibilità dell’offerta legata più al cambiamento che al prodotto finito, in quanto è sempre più vero che il sistema formativo non è al servizio del sistema produttivo in termini di tipologie di indirizzi, ma deve rendere i giovani ca- paci di innovazione, di imprenditorialità: più che al mestiere occorre formare a cambiare mestiere . Le professioni presenti quando un giovane entra nella scuola secondaria di se- condo grado, al termine di un rigido percorso quinquennale, forse non ci saranno più, ce ne saranno altre e con un diverso rapporto tra competenze generali e specialistiche. Si dovrà trattare di un’offerta formativa più equilibrata che non rinvii semplicemente la professionalizzazione all’università e asse- condi una motivazione dei giovani verso i sa- peri tecnologico-operativi fin dal primo ciclo. Le competenze chiave per l’apprendimen- to permanente associate al quadro europeo delle qualifiche, costituiscono il livello di ac- cettabilità dei risultati tra i Paesi europei, ma anche i pilastri per contrastare l’esclusio- ne e indirizzare un nuovo sviluppo sostenibi- le. Ma le scuole devono aprirsi al territorio, valorizzare tutti gli ambienti per apprende- re, anche esterni alle mura scolastiche, di tipo non formale ed informale; rendere fles- sibili tutti gli spazi didattici per rispondere a bisogni educativi che mutano nel tempo e richiedono un’azione personalizzata lungo tutta la vita e per la comunità, non solo per l’occupazione ma anche per la cittadinanza consapevole Quando il ministro Bianchi nel suo discor- so programmatico alla Camera dice che nel lato rendendo più flessibili i curricula sco- lastici aprendoli ad intese con le imprese del territorio, e, dall’altro, elevando i livelli dei corsi regionali: il tutto in relazione alle politiche dell’UE che ha molto investito su « vocation education and training ». Alcune regioni iniziarono percorsi «integrati» tra corsi statali e regionali, ma il governo nazio- nale ha sempre rivendicato la gestione dei predetti istituti anche a fronte del calo delle iscrizioni, mentre al sistema regionale non rimase che perfezionare la struttura dei pro- pri corsi, lasciando una porta aperta, nelle intese stato-regioni, a percorsi sperimentali di integrazione. E siccome l’Italia rimane un Paese sostanzialmente frammentato non fu possibile arrivare ad una riforma comples- siva, in quanto nelle realtà produttive più forti i percorsi regionali diventano la prima opzione degli alunni che escono dalla terza media ed in quelle più deboli sono gli istituti professionali a presidiare il territorio. Con la riforma del titolo quinto della Costituzione fu introdotto un nuovo indirizzo: «istruzione e formazione professionale» con l’intento di riproporre in un’ottica «federali- sta» la predetta grande area in relazione con le imprese ed i territori, ma il sistema statale ancora una volta difese le sue istituzioni e la nuova formulazione fu limitata ai percorsi regionali, ivi compreso il «quadro nazionale delle qualifiche» che avrebbe potuto aggan- ciare per una vasta area di opportunità for- mative appunto il riconoscimento europeo, mentre per quanto riguarda i titoli di studio statali siamo ancora in alto mare. La concomitanza dell’innalzamento dell’obbligo di istruzione ha definitivamente sancito il parallelismo dei due canali, anche per quanto riguarda l’istruzione terziaria professionale: l’istruzione e formazione tec- nica superiore per il sistema regionale (IFTS) e gli istituti tecnici superiori per quello sta- tale (ITS). Due percorsi in Germania, tre in Italia di cui due praticamente fanno la stessa cosa. Tutta la legislazione, che dall’inizio del nuovo secolo ha apportato migliorie sul piano organizzativo e didattico, lo ha fatto sempre in considerazione alla diversità dei soggetti istituzionali e di eventuali modalità di colla- borazione attraverso la predetta conferenza stato-regioni. Allo stato attuale il canale sta-

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