Settembre-Ottobre 2018

cordare che per Tommaso la cultura non è una cosa che si acquisisce e trasferisce, non sono saperi che si trasmettono come se fos‐ sero (altra espressione oggi in voga) pac‐ chetti formativi : intelligenza, scienza e sa‐ pienza sono le virtù che perfezionano l’in‐ telletto speculativo. Ciò significa che si tratta di disposizioni interiori che ciascuno deve coltivare in sé (passando dalla potenza attiva all’atto, rispetto ad esse) e, solo do‐ po averle coltivate in sé, sarà in grado di coltivarle negli altri (come scrivono esplici‐ tamente Aristotele e Tommaso riguardo alla sapienza (12). Per questo la parola‐chiave dell’attivismo nosenghiano richiama in qual‐ che modo l’atteggiamento del capomastro nei confronti dell’apprendista o della guida alpina nei confronti di chi sta imparando ad andare in montagna, cioè il rifare insieme, il cammino che il maestro (la guida) ha già percorso e su cui l’allievo è chiamato a muovere i propri passi: « Rifare è la posizio‐ ne attiva dello spirito di fronte ad una veri‐ tà, è l’opera, il gesto, lo sforzo mediante i quali se ne entra in possesso, e nel possesso più interiore e inalienabile» (13). Una lezione sempre attuale per gli insegnanti di oggi … e le loro associazioni Cercando di andare oltre la «lettera» de‐ gli insegnamenti di Nosengo è importante oggi far rivivere lo «spirito» della sua impo‐ stazione pedagogica, recuperando con co‐ raggio un impianto culturale forte, dichiara‐ tamente personalista e filosoficamente fon‐ dato. Il problema, però, non è solo quello di «ripetere» quanto lui stesso ha scritto in ta‐ le prospettiva, ma – per utilizzare un’espressione a lui cara – il problema è quello di «rifare» oggi, di fronte alle sfide pedagogiche del nostro tempo ciò che lui stesso ha saputo fare quando è stato chia‐ mato a confrontarsi con l’attualismo genti‐ liano ed un attivismo che si andava affer‐ mando come pedagogia emergente negli an‐ ni dell’immediato dopoguerra. Oggi siamo chiamati a confrontarci anche con altre pro‐ spettive, come ad esempio i costrutti di im‐ pianto comportamentista spesso implicita‐ mente sottesi a certe logiche di progetta‐ zione per competenze, che ripercorrono surrettiziamente i passi e lo stile della pro‐ grammazione per obiettivi. Chi scrive non vuole certo portare sé stesso come esempio di stile nosenghiano, ma ha provato – nel suo piccolo – ad interagire con questa pro‐ spettiva ed offrire soluzioni alternative (Porcarelli 2016) (14). Altre sfide si profila‐ no all’orizzonte e riguardano le modalità con cui intendere i processi di valutazione degli allievi e dei docenti, l’alternanza scuola‐lavoro, l’autovalutazione di istituto, i piani di miglioramento, ecc. In tutte que‐ ste sfide è possibile chiedersi se sia possibi‐ le e talora necessario andare oltre i limiti angusti delle «vulgate» pedagogico‐didatti‐ che dominanti, per riflettere su tali temi al‐ la luce di una pedagogia personalista ben fondata, ancora in grado di dare risposte originali agli interrogativi professionali degli insegnanti di oggi. 15 LA SCUOLA E L’UOMO - Anno LXXV - Numero 9-10 - Settembre-Ottobre 2018 (12) Cfr. T OMMASO D ’A QUINO , Summa Theologiae , I‐IIae, q. 57, art. 2. (13) G. N OSENGO , L’attivismo nell’insegnamento religioso della scuola media , Istituto di propaganda libraria, Mi‐ lano s.d. (1937), p. 48. (14) Cfr. A. P ORCARELLI , Progettare per competenze. Basi pedagogiche e strumenti operativi , Diogene Multime‐ dia, Bologna 2016.

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