Luglio-Agosto 2018

37 LA SCUOLA E L’UOMO - Anno LXXV - Numero 7-8 Luglio-Agosto 2018 a condividere ogni elemento o aspetto della vita in una socialità matura, solidale, fra- terna. E’ allora opportuno che il servizio scola- stico, da chiunque venga attuato, torni a dar luce alla funzione educativa come capa- ce di «dar senso» a tutte le attività, con le quali si aiuta il «piccolo» a farsi «grande, maturo, responsabile». Appare evidente che tale affermazione impedisce ogni fuga dalla responsabilità e verso la «maggior facilità» richiesta dai percorsi di raggiungimento del- la competenza rispetto a quelli di vera for- mazione. Costruire l’uomo autentico è mol- to più difficile, e faticoso, che costruire l’esperto, il competente ma da questa sfida emerge la dignità di una nazione, che vuole definirsi civile. La famiglia fra due nuove tentazioni: delegare o interferire L’organizzazione familiare, tendente alla massima semplificazione strutturale, ha giu- stificato la scomposizione fra quelle parti che, nella tradizione, erano unite. Quando si parla dei nonni ai ragazzi, spesso si fa ri- ferimento ad entità ed esperienze lontane nel tempo e nello spazio. I nonni, come i parenti, come i cugini, appartengono al mondo delle occasioni, talvolta delle lunghe periodicità (ci si vede ogni tanto). Ci sono, occorre tenerne conto, ma poi ognuno ha la propria vita, la propria casa, la propria stra- da. Viene così eliminata la possibilità di un positivo complemento educativo tra genera- zioni. Alla esplicita fermezza educativa dei genitori un tempo s’aggiungeva la permissi- vità dei nonni, che rendeva tollerabile la prima attraverso l’elevazione degli effetti emozionali (il regalo, il racconto, la memo- ria del passato) del loro intervento. Così è accaduto per il gruppo dei pari, un tempo costituito dalla schiera dei fratelli prossimi per età, dei cugini, dei vicini di casa; a tale gruppo si rapportava il principio dell’identi- tà personale e della prima appartenenza. Oggi si vive una «condizione appartata», in- terrotta solo da festicciole di compleanno, di onomastico, comunque da episodi che hanno scarso valore educativo perché privi della ripetizione (rinforzo) e quindi della continuità. Per fortuna c’è la scuola, in cui il ragazzo trova tutto ciò che la buona tra- dizione mantiene e che la nuova società cerca di eliminare. Si aggiunge poi la nuova organizzazione del lavoro che, col principio della flessibilità, ha disordinato ogni forma della vita personale. Ci si alza sempre trop- po presto, si mangia sempre di corsa, si va a letto sempre troppo tardi, ci sono troppe cose da fare e non c’è abbastanza tempo per i figli. Non si vede l’ora che arrivino le vacanze, i ponti, le feste più o meno nazio- nali e allora…via, con la speranza di riem- pirci delle cose che abbiamo sognato e che s’infrangono, poi, nello stress, nelle code stradali, nel viaggio troppo lungo e pesante. La fatica non viene eliminata, anzi cresce e, una volta tornati a casa, i figli hanno sempre i compiti da fare. Nella confusione complessiva, pur di non essere ulteriormen- te «disturbati» dalle richieste dei figli, si è disposti a concedere anche ciò che, in real- tà, è diseducativo. Viene definita famiglia troppo pacificata perché, incapace di gesti- re situazioni educative, rinuncia e lascia che i figli «facciano da sé». Nasce così la delega educativa alla scuola, dovuta, con- trariamente a ciò che si può supporre, ad un eccesso di stima verso la scuola stessa. Si pensa che gli insegnati possano fare ciò che ai genitori non riesce , che abbiano una soluzione per ogni problema e, per il solo fatto che lo fanno per mestiere, siano capa- ci di gestire gruppi elefantiaci senza che si esasperino le situazioni che producono crisi anche solo con due figli. Nessuno ha mai spiegato ai genitori che l’essere insegnante implica una prospettiva opposta, anche se complementare, a quella dei genitori. La vita muove campi di forza diversi e in- tegrati ma gli stimoli provengono da persone con funzioni diverse. Ai genitori è dato solle- citare l’affettività, l’emozionalità dei figli, aiutandoli anche nell’esperienza delle prime relazioni interpersonali, limitate e controlla- te. Non spetta ai genitori ma agli insegnanti gestire l’universo dei processi cognitivi; ad essi appartiene, per altra direzione, provo- care nuove esperienze e nuove conoscenze, che vengono bene assimilate proprio quando la condizione emozionale e quella relaziona- le sono stabili, controllate. Genitori e inse-

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