La Scuola e l'Uomo - n. 6 - Giugno 2020
LA SCUOLA E L’UOMO - Anno LXXVII - Numero 6 - Giugno 2020 C aro direttore, mai come in questi gior- ni il compito della scuola è stato og- getto di dibattiti e di articoli. Spesso, però, ci si dimentica che educare non è un impegno che può svolgere un solo ele- mento della società come ci ricorda invece proverbio africano che recita per educa- re un bambino ci vuole un intero villaggio . Affascinante e profonda questa anti- ca saggezza popolare che richiama tutte le componenti della città, e non un unico set- tore, al fondamentale compito di educare i giovani. La società stessa diventa così una vera e propria comunità educante. Diversamente da quanto avviene in Africa, qui in Italia sembra che abbiamo scordato che il compito educativo è collettivo. Peggio ancora: abbiamo cercato di liberarcene, de- legandolo in toto alla scuola. I nostri giovani mancano di una corretta educazione affettiva, stradale, ambienta- le, o alimentare? Ci pensi al scuola a sen- sibilizzarli su questo come sulla violenza di genere, dipendenze, bullismo… Come se non bastasse, a scuola si fa anche teatro, coro, sport, si suona uno strumento… In altre paro- le, si fa di tutto. O, meglio, lo si faceva fino allo scorso febbraio, quando il coronavirus ha bloccato tutto. A settembre, però, ricomincerà un altro anno scolastico. Siamo tutti consapevoli che sarà impossibile continuare come pri- ma visto che, anche nel migliore dei casi, il tempo-scuola sarà certamente contratto (le unità didattiche saranno di soli 45 minuti, i docenti avranno a disposizione molte meno ore, etc.): si dovrà inevitabilmente decidere cosa salvare e cosa sacrificare. Certamente le emergenze non sono il momento più adatto per pensare a riforme. Manca la necessaria serenità. Possono però essere una buona occasione, anche per la scuola, per fare chiarezza e definire me- glio cosa faccia parte della propria natura e cosa invece vada riattribuito ad altre isti- tuzioni: prima di tutto la famiglia, ma poi anche i centri culturali, le società sportive e musicali, i consultori, i ricreatori, i gruppi giovanili… La scuola, a mio avviso, non deve essere intesa come un dispensatore onnicomprensi- vo di attività che spaziano dall’educazione al nozionismo, dalla formazione all’intrat- tenimento. Il suo compito, per quanto va- stissimo e fondamentale, è comunque più circoscritto: offrire alle nuove generazioni quel patrimonio di sapere che consenta loro di leggere criticamente la realtà della natu- ra e degli uomini, di comprendere le ragioni del vivere, e far propri i principi della convi- venza civile e rendere i giovani capaci di ef- fettuare consapevolmente le proprie scelte. Tutto il resto, ugualmente prezioso e di ceto non meno importante, spetta ad altri. Se ne facciano carico. Si utilizzino quindi questi mesi estivi per ridefinire cosa è «scuola» e cosa non lo è, in modo che a settembre la scuola, appunto, frastornata da tante sollecitazioni, non rischi invece di mancare al suo specifico dovere. Bello poi sarebbe se questa revisione dei compiti educativi portasse anche l’intera società a riprendere coscienza del suo ruo- lo di «comunità educante» e ognuno di noi tornasse a sentirsi responsabile, per la parte che gli spetta, della sana crescita dei nostri giovani. Marina Del Fabbro Una comunità educante In questo nuovo spazio della nostra rivista vorremmo aprire un colloquio diretto con i soci. È questo uno spazio di ascolto di vostre esperienze e proposte che volentieri socializziamo per promuovere tra i lettori un produttivo dibattito sui temi affrontati. Le lettere dovranno essere indirizzate a redazione@uciim.it oppure a Redazione La Scuola e l’Uomo, Via Crescenzio 25 - 00193 Roma Lettere al direttore
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