La Scuola e l'Uomo - n. 6 - Giugno 2020
LA SCUOLA E L’UOMO - Anno LXXVII - Numero 6 - Giugno 2020 16 zione sono anche garanzia di sopravvivenza, poiché alla crisi del prodotto e ai muri gene- razionali (solo il 30 per cento dei cittadini tra 14 e 29 anni indica il quotidiano come fonte di informazione) si aggiunge infatti la crisi della pubblicità che non permette di compensa- re l’erosione di copie: anche qui il mercato è cambiato, a catturare interesse e investi- menti sono i social e i motori di ricerca che non solo abbracciano un pubblico infinito ma creano, diffondono e moltiplicano tendenze. In tutto questo, rimane centrale il ruolo del giornalista che cambia nell’esercizio ma rimane integro nell’essenza: la nascita dei si- ti ufficiali di società e istituzioni, al pari del presenzialismo social dei grandi personaggi pubblici, sembrano a prima vista aver svuo- tato il mestiere, azzerando la necessità di un filtro. In realtà, le informazioni dirette sono sempre parziali – mai una verità scomoda ve- drà luce – e la serietà del controllo proteggere il lettore nel magma che ribolle sempre più, permettendogli di difendersi dalle notizie fal- se come da quelle «sparate» o adattate in no- me dei clic e degli algoritmi dove gli equivoci già sono sovrani: se moda e politica valgono allo stesso modo, per tracciare l’intensità di frequentazione e l’appetibilità pubblicitaria di un prodotto, non c’è differenza tra infor- marsi su una crisi di governo e scegliere una maglia sul web. Al di là di guide e marchi di qualità digitali che aiutino il lettore a orientarsi, è fonda- mentale che il giornalista ripensi il mestiere, adattandosi a nuove piattaforme e tecnologie senza scordare che non tutto è «contenuto» e che il dovere d’informare è prioritario. Con un occhio, per chi opera nel settore, sempre al giornale di carta che, efficacemente inte- grato, non è destinato a sparire, non almeno in tempi brevi. E non è casuale che a fron- te della crisi dell’editoria, ancor più acuita dal coronavirus, mentre il digitale vola e gli editori esplorano lidi nuovi, venga progettato Doman i, giornale (anche) di carta che rappre- senta la nuova sfida di Carlo De Benedetti, già proprietario di Repubblica. La società è stata già costituita, con un capitale di 10 milioni, e in autunno, sarà nelle edicole. Anch’esse ridotte, crollate addirittura nei numeri, tut- tavia presidi tenaci di un modello d’informa- zione che dovrà completare il rinnovamento ma ancora non è ancora sconfitto. che lottano a colpi di clic. Il secondo modello è La Stampa, che ha lanciato il Digital First , proponendo così un’edizione digitale che co- pre l’intero arco della giornata con contenuti inediti e approfondimenti di firme esclusive e conosciute, non quindi un raccoglitore di- stratto di fatti né una ribollita di notizie ri- ciclate e scadute, al contrario un giornale vi- vo e vivace, integrato dalla classica edizione cartacea. Si tratta di modelli che cambiano confe- zioni e concezioni, non l’anima del mestiere e della sua missione, adesso alla ricerca di gua- dagni oltre il fronte della raccolta pubblicita- ria. Essenzialmente, ai classici abbonamenti, si aggiunge la possibilità di acquistare singoli pezzi versando una somma minima: si con- ta sulla quantità per elevare i ricavi e sulla qualità per attirare pubblico, difatti nessuno pagherebbe una notizia magari scritta meglio ma ovunque fruibile gratuitamente, mentre ben varrebbe investire una cifra modica per una notizia originale o un approfondimen- to autorevole. Cercando, oltretutto, grazie all’area sconfinata del web, di toccare corde diverse, trattare temi vari, intercettare in- teressi molteplici. La via del ricavo on line, tuttavia, non passa solo dalla ricerca di nuovi utenti ammaliati da un servizio di alto livel- lo e perciò disposti a pagarlo, ma dalla lotta a chi ruba e diffonde gratuitamente il lavoro altrui, a cominciare dalle rassegne stampa pi- rata che già all’alba riproducono, in barba ai copyright, articoli appena pubblicati, scorag- giando sia l’acquisto unico on line sia l’acqui- sto del giornale di edicola. Parliamo, naturalmente della nostra real- tà. In diversi altri Paesi si sono mossi prima. E se è vero che resistono miracoli di carta, an- corati generalmente a qualità elevatissima o capillare informazionale locale, ci sono real- tà in cui il sorpasso, inevitabile, è arrivato: il New York Times classico, per fare un esempio doc, può ormai considerarsi un sottoprodotto del digitale. La lezione è che il futuro è on line – prevalentemente, non totalmente– ma si è sbagliato, per troppo tempo, a inseguire flussi e traffici senza concentrarsi sulla qua- lità: il pubblico è disposto a spendere, ma in- tende farlo per «esperienze», non per notizie che, salvo eccezioni ormai rare, trova ovun- que e gratuitamente. L’educazione all’acquisto e la fidelizza-
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