La Scuola e l'Uomo - n. 6 - Giugno 2020
LA SCUOLA E L’UOMO - Anno LXXVII - Numero 6 - Giugno 2020 14 R ivoluzione, non più evoluzione: i cambi di tecnologia hanno sempre inciso un’im- pronta profonda sull’informazione, ma negli ultimi anni l’hanno addirittura stravolta, minata nelle tradizioni. Non si sono più limi- tate, infatti, a modificare metodi di lavoro e modalità di distribuzione, ma hanno riscritto gerarchie radicate così rapidamente da incre- spare qualità, credibilità e autorevolezza. Per meglio comprendere, basti pensare ai quotidiani: dal piombo all’informatica, dalla macchina da scrivere ai portatili, dalle foto spedite «fuorisacco» agli allegati via mail, il lavoro è cambiato ripetutamente nella fat- tura, ma il concetto di ricerca, controllo e diffusione della notizia è rimasto intatto e il prodotto finale ha conservato la sua essenza: grafiche innovative, impaginazioni rivisitate, maggiori spazi concessi alle immagini, l’av- vento dei colori e l’adattamento dei formati (il «lenzuolo» era perfetto per la lettura in poltrona: quella ritagliata sui mezzi di tra- sporto pubblico ha suggerito il tabloid) non hanno impedito che il fruscìo delle pagine e il profumo romantico d’inchiostro rimanessero immobili nel tempo. E il modello ha resistito perfino alla nascita delle grandi tv private, pur diventate fonti immediate, quindi prima- rie, di notizie. Il web ha stravolto tutto, cambiato volto all’informazione. Perché non è banalmente cambiata piattaforma - dalla carta al tablet o allo smartphone con identica serietà e risor- se maggiori (spazi non più limitati, supporti video, gallerie fotografiche possibili, rimandi a schede e illustrazioni esplicative oppure ad articoli correlati, scelte tematiche ampie, ri- cerca di «nicchie» d’interesse), ma si è creata una sovrapposizione pericolosa tra incontrol- late informazioni on line e testate classiche, sempre più presenti in Rete ma con guadagni ancora marginali e sempre meno ricercate nel formato cartaceo, con evidente emorra- gia di copie. Il processo di integrazione - non ancora di sostituzione -, è ineluttabile poiché ai vantaggi derivanti dall’elasticità del conte- nitore e dall’infinità dei contenuti, oltre che dalla costante possibilità di aggiornamento, si aggiungono i costi minori dettati dal risparmio di stampa e distribuzione, purtroppo, però, la lentezza della transizione e l’iniziale miopia di molti editori hanno consentito il proliferare di una galassia d’informazione web che non sempre offre le garanzie deontologiche basi- lari per un lavoro delicato come quello gior- nalistico, custode della democrazia e respon- sabile della diffusione del pensiero. Si badi bene: nessuno mette in dubbio quanto la ricchezza di voci e l’espressione diffusa di libere opinioni siano preziose, ma la pluralità è inquinata dall’improvvisazione e dalla superficialità che portano a battezzare o riprendere notizie senza adeguato controllo e non capiscono il rischio che tale atteggia- mento comporta. Non è casuale che si viva nell’epoca delle fake news , esche veleno- se che trovano terreno fertile nella fragilità sociale. Esiste, ancora oggi, una larga fetta di popolazione priva di istruzione o espe- rienza che finisce per lasciarsi influenzare, e il peggio è che molto spesso gli autori, o gli involontari amplificatori, restano impun- ti. Non si tratta solo di invenzioni allo sta- to puro - scherzi di cattivo gusto, malignità, errori grossolani che riflettono preparazione inadeguata -, ma, talvolta, di sensazionalismi costruiti appositamente per catturare «clic» e moltiplicare contatti. Le testate serie, con pregi e difetti, investono sul lavoro e ne cu- rano il corso: attorno si fa leva su malpagati giovanissimi che sognano un futuro nell’infor- mazione e vengono mandati allo sbaraglio op- pure su narcisi, censori, giornalisti mancati, finiti o perduti, aspiranti eterni, affabulatori e millantatori, tuttologi privi di competen- ze, e purtroppo tutto finisce in un pentolone dove diventa difficile distinguere paternità e origine delle notizie. È capitato che impor- tanti personaggi pubblici, nel riferire fatti poi smentiti, abbiano descritto candidamente ONLINE MA ATTENDIBILI Antonio Barillà, giornalista de “La Stampa”
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