maggio-giugno 2018

LA SCUOLA E L’UOMO - Anno LXXV - Numero 5-6 - Maggio-Giugno 2018 16 della ricerca storico-pedagogica, della di- dattica e sul piano della valorizzazione del patrimonio di idee di Nosengo: considera- zioni messe a frutto inizialmente da parte mia, dato che sono stato chiamato diretta- mente in causa da Gozzer, e poi da altri col- leghi, con i quali nel corso di questi quaran- t’anni si è arricchita la disponibilità delle fonti e delle ricerche originali su Nosengo. Alla base di questa nuova stagione si trova l’accessibilità al Fondo Gesualdo Nosengo, gestito dall’Archivio per la storia dell’Edu- cazione in Italia dall’Università Cattolica, sede di Brescia, istituito in convenzione e col materiale ceduto dall’UCIIM in comoda- to d’uso per 99 anni, con un accordo dell’11 settembre 2002, firmato dal direttore pro tempore dell’Archivio prof. Luciano Pazza- glia e dal presidente pro tempore UCIIM Lu- ciano Corradini. Una prima valorizzazione di queste nuove fonti (che io ricevetti come donazione dal prof. Serafino, nipote di Ge- sualdo, e che poi consegnai al Fondo del- l’Archivio), facemmo con il citato convegno di Asti del 2006, in ricordo del centenario della nascita di Gesualdo, e coi relativi Atti, pubblicati dalla Elledici, sotto il titolo Lai- cato cattolico educazione e scuola in Ge- sualdo Nosengo La formazione, l’opera e il messaggio del fondatore dell’UCIIM (Torino Leumann 2008) . Agli autori di queste mono- grafie si sarebbero aggiunte altre ricerche, come quelle di Porcarelli, di Rega, di Tim- panaro, di Ciambrone... I due nuclei attrattivi dell’impegno culturale e spirituale di Nosengo In estrema sintesi mi pare che i due fuo- chi, non solo in senso ottico, ma anche in senso spirituale, del Nosengo che ho cono- sciuto io siano costituiti dai due grandi eventi del Novecento, che egli ha immagi- nato e in vario modo anticipato nella sua giovinezza, e i cui frutti egli voleva che ma- turassero al meglio: uno era il Concilio Vati- cano II, con i relativi documenti, e l’altro l’Assemblea Costituente , col suo prodotto, la Costituzione italiana. Negli anni ’50 e negli anni ’60, nonostante i limiti di un pae- se ridotto al collasso dalla guerra e un mon- do ideologicamente e politicamente diviso, si poteva respirare a pieni polmoni e utiliz- zare la libertà riconquistata e la fede rinno- vata per accelerare il passo verso un uma- nesimo e una scuola a misura di una possibi- le società democratica. Si può dire che la prospettiva del Codice di Camaldoli, a cui Nosengo lavorò, si dilatò col contributo del pensiero di tanti, quando c’è stato il dibattito nell’Assemblea costi- tuente, in cui sono intervenute tante voci illuminate e comunque interessanti. Mi limi- to a citare Benedetto Croce, filosofo laico di prima grandezza e poi ministro della Pub- blica Istruzione, che concluse in questo mo- do il suo intervento in Assemblea, l’11 mar- zo 1947: « Ciascuno di noi si ritiri nella sua profonda coscienza e procuri di non prepa- rarsi, col suo voto poco meditato, un pun- gente e vergognoso rimorso. Io vorrei chiu- dere questo mio discorso, con licenza degli amici democristiani, dei quali non intendo usurpare le parti, raccogliendo tutti quanti qui siamo a intonare le parole dell’inno su- blime : Veni, creator spiritus, Mentes tuo- rum visita; Accende lumen sensibus; Infun- de amorem cordibus. Soprattutto a questi: ai cuori . (Vivissimi applausi – Moltissime congratulazioni). Il senso della ricchezza del dibattito av- venuto alla Costituente fu pienamente av- vertito da Nosengo, tanto che il suo libro di educazione civica per studenti delle secon- darie si apriva col testo della Costituzione. Essa era nata, come disse Dossetti, « nel crogiolo ardente e universale dei sei anni della seconda guerra mondiale, più che dal- le vicende italiane del fascismo e del po- stfascismo» . Perciò concluse, « essa porta l’impronta di uno spirito universale e in certo modo trans-temporale ». Quando andavo a scuola, da bambino, si leggeva sui muri delle case la scritta “il Du- ce ha sempre ragione”. La Costituzione to- glieva questa falsa sicurezza e legava stret- tamente il riconoscimento di diritti inviola- bili alla richiesta dell’adempimento di do- veri inderogabili di solidarietà. Si capì che questa impostazione avrebbe potuto regge- re se si fosse compreso e fatto comprendere con l’educazione, basata sulla ricerca, sul dialogo e sulla testimonianza, e non sul dogmatismo, sulla retorica e sulla violenza,

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