Maggio-Giugno 2017
25 LA SCUOLA E L’UOMO - Anno LXXIV - Numero 5-6 - Maggio-Giugno 2017 per distinguere in ciò che c’è (parola, azio- ne, fatto, fenomeno naturale, strumento, narrazione) quanto è bene che ci sia (ma che non c’è ancora) e quanto è male che esista (ma che c’è, e che sarebbe bene to- gliere dall’esserci per stare meglio). Libertà morale (quindi, ancora, volontà non separata dalla ragione) di impegnarsi di persona per introdurre il «dover essere» ri- conosciuto dalla ragione del soggetto nel- l’essere delle proprie e altrui azioni e, at- traverso queste, nell’essere delle idee e del mondo. In una circolarità tra «essere» e «dover essere» mai esaurita ed esauribile. È l’appello a questa essenziale libertà in- tellettuale e morale degli uomini che costi- tuisce la volontà che fa dire al Gesù di Mat- teo che soltanto i violenti potranno entrare nel «regno dei cieli» (17). Cioè soltanto co- loro che si imporranno con la forza e la fati- ca della volontà contro gli impulsi, gli istin- ti, i bisogni ciechi e immediati, gli automa- tismi, il cicaleccio inutile (il dar fiato alla bocca o ai commenti reattivi e non pensati degli attuali social media), il divertimento che dissolve la concentrazione e che impe- disce il pensoso internarsi agostiniano nelle profondità della mente, riusciranno a non schiacciare il dover essere colto dalla liber- tà intellettuale e morale sull’essere che c’è, e a mantenere, difendendola, la di- stanza tra questi due piani proprio perché, compiuto il dovere di portare nell’essere un dover essere ci si accorge che la distanza tra i due piani si riapre da un’altra parte, ad un livello più alto, secondo la legge della perfettibilità umana. Ed è sempre l’appello a questa costosa, ma per l’uomo essenziale, libertà intellet- tuale e morale che costituisce la volontà di cui parla Gesù che farà dire a Tertulliano che «cristiani non si nasce ma si diventa» (18), appunto grazie a questa lotta quoti- diana, senza quartiere, contro la piatta coincidenza tra ciò che c’è e ciò che sareb- be bene ci fosse. che vuol dare alla propria vita (…), si pone il problema di che tipo di uomo è» (16). Lo studium come esperienza originaria della libertà Lo « studium » infine è la scoperta, per ciascuno, della possibile fondazione della spontaneità naturale (psichica, neuronale, motoria) sulla libertà intellettuale e morale. Non c’è dubbio che il thaumàzein sia natu- rale. Tutti gli uomini, in questo senso, nes- suno escluso, e ciascuno a modo proprio, amano per natura pensare e conoscere, ri- corda Aristotele nell’incipit della sua Meta- fisica. Non c’è necessità di essere costretti, minacciati, sottomessi, obbligati, forzati per incontrare ed accorgersi di questo stupore che assale chiunque si accorge di ciò che gli sta intorno e reputa importante esplorarne la verità, rispondendo al «perché». Non c’è, allo stesso tempo, dubbio, tut- tavia, è sempre Aristotele a ricordarlo nell’ Etica nicomachea , che una rondine non fa primavera. Questa propensione naturale degli esseri umani al thaumàzein , insomma, non solo, se non adeguatamente esercitata, si atrofizza, ma, per non atrofizzarsi, ha bi- sogno che ciascuno crei, in quanto soggetto, e sia aiutato da altri soggetti con cui si rela- ziona nel mondo, a creare, a praticare e a consolidare le condizioni del rispondere al thaumàzein attraverso l’esperienza tipica- mente umana dell’ otium/scholé . Un eserci- zio che, comunque, la si intenda, ha biso- gno della volontà. E la volontà, come ci hanno insegnano da Hobbes in avanti anche tutti i compatibilisti morali succedutisi nel tempo (che sono, come è noto, non sospetti di indulgenze spiritualiste o razionaliste, ma orgogliosi materialisti) non è altro che il nome che possiamo dare all’esperienza del- la libertà. Libertà intellettuale (quindi, non separa- ta dalla volontà) di non ridurre l’essere a se stesso perché ci si attiva, con la ragione, (16) C. N ATALI , Bios theoretikos. La vita di Aristotele e l’organizzazione della sua scuola , Il Mulino, Bologna 1991, p. 70. (17) Mt 11,12: «Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli soffre violenza e solo i violenti se ne impadroniscono». (18) T ERTULLIANO , Apologetico XVIII,5.
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