Maggio-Giugno 2017

23 LA SCUOLA E L’UOMO - Anno LXXIV - Numero 5-6 - Maggio-Giugno 2017 weig, Heidegger)? Ma ancora di più «perché questo o quell’essere non può essere diver- samente da come è e non può, o può, stare meglio, e perché, per noi e per tutti»? Per- ché, alla fine, sintesi di tutti i perché, l’es- sere invece del nulla? Che non si riesca a rispondere in manie- ra definitiva e sempre persuasiva ai «per- ché», è meno importante del fatto che cia- scuno se li ponga fin da bambino e continui a ricercarvi una risposta che si rivela mai compiuta del tutto, e ciò sem- plicemente perché ogni rispo- sta è sempre nuova per cia- scuno in quanto correlata ai contesti, ai tempi, ai punti di vista, alle storie, agli stru- menti di analisi che gli è dato vivere e di cui a volta a volta dispone (4). Lo studium come scholé (otium) In secondo luogo, lo « stu- dium » è l’esperienza della scholé ( otium latino) ovvero non tanto del luogo, ma dello stato interiore che ogni essere umano speri- menta nello scholazein (5), cioè nello stare fermi, in sosta, nell’arrestarsi, quasi un trattenere il respiro, fino ad un apnea tota- le, quando intende rispondere con la sua ra- gione al «perché» di ciò che gli ha suscitato o gli suscita stupore. Per capire il senso di questo «sostare», va ricordato che, per il mondo classico, l’in- telletto umano, per rispondere ai suoi «per- ché», è come se fosse spinto ad «arrestare» il continuo e perente movimento della sua vita nel mondo e del mondo stesso in cui è immerso, uscendone, fissando la prima e il secondo, con una specie di mossa del caval- lo, quasi dinanzi a sé, oggettivandoli. In questo modo, da questa sua posizione de- centrata, sottratta alla inesauribile mobilità dell’esperienza di sé e del mondo, con l’in- tuizione intellettuale del nous o mediante il ragionamento del logos , come rapito in uno scatto radiografico senza tempo (6), ogni uomo è in grado di elaborare i concetti e le cause (l’universale che resta fermo nel tem- po) delle cose esperite di sé e del mondo che invece gli scorrono in sé e attorno a sé come l’acqua del fiume ( theorein ) (7). Ecco perché conoscere il concetto, cioè il formulare un sapere formale a maggior desiderabile per l’uomo. Rigido e immobile, il demone tace; finché costretto dal re, esce da ultimo fra stridule risa in queste parole: “stirpe miserabile ed effimera, figlio del caso e della pena, perché mi costringi a dirti ciò che per te è vantaggiosissimo non sentire?” (…)»; costretto poi dal re risponde: «il meglio è per te assoluta- mente irraggiungibile: non essere nato, non essere, essere niente. Ma la cosa in secondo luogo migliore per te è “morire presto”» (F. Nietzsche, La nascita della tragedia (1872), in Opere , a cura di G. C OLLI e M. M ONTINARI , III, I: La nascita della tragedia, Considerazioni inattuali I-III , Adelphi, Milano 1972, pp. 31-32). Nietzsche ri- prende la formula da Plutarco che, a sua volta, dichiara di averla desunta ad sensum dall’ Etica ad Eudemo e dall’ Anima di Aristotele. Gli stessi concetti si trovano nelle parole del Coro a commento delle dolorose vicende che hanno caratterizzato Edipo (S OFOCLE , Edipo a Colono , II, vv. 1224-1227). (4) G. B ERTAGNA , Dall’educazione alla pedagogia. Avvio al lessico pedagogico e alla teoria dell’educazione , La Scuola, Brescia 2010, «Oltre i riduzionismi», pp. 5-16. (5) Dalla radice indoeuropea segh e dalle radici sanscrite sah e sha , da cui l’arcaico sechein poi verbo echein . (6) Si tratta della «capacità radiologica di rivelare la struttura interna» dei fatti di cui parla H. A RENDT , Premes- sa. La lacuna tra passato e futuro (1961), in Tra Passato e futuro (1954-1961), Garzanti 2005, p. 30. (7) Per un approfondimento di questi tratti del conoscere teoretico, rimando al cap. V («Il discorso pubblico della ragione e le sue tipologie») di Dall’educazione alla pedagogia… cit. , pp. 119-246.

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