Maggio-Giugno 2017

LA SCUOLA E L’UOMO - Anno LXXIV - Numero 5-6 - Maggio-Giugno 2017 22 PER LO «STUDENTE», CONTRO L’«ALUNNO». QUANDO DUE TERMINI FANNO DUE VISIONI PEDAGOGICHE Giuseppe Bertagna, Direttore del dipartimento di scienze umane e sociali, Università di Bergamo S tudente, etimologicamente, è «chi sta conducendo l’esperienza dello stu- dium ». Cioè del contrario dell’« impe- rium », direbbe Marc Fumaroli (1). L’ impe- rium , come è noto, ha a che fare con la for- za, il potere, l’obbligo, le minacce, la com- minazione di pene, i comportamenti oppor- tunistici. Che siano azioni subite od eserci- tate per conto di uomini o di istituzioni con- ta poco. Sempre di « imperium » si tratta. Lo studium è il contrario. Non lo si può esercitare davvero se costretti, minacciati, sottomessi, per obbligo, per opportunismo carrieristico. Non è possibile non si dice praticare, ma anche solo pensare, infatti, il «forzato dello», l’«obbligato allo», «l’op- portunista astuto se non mendacio verso lo» studium . Sarebbe una contraddizione logi- ca, neanche un ossimoro espressivo. Le mo- tivazioni estrinseche e strumentali qui, in- tense e pervasive quanto si vuole, sono sempre, nel merito, fallimentari. L’« imperium », infatti, a qualunque livel- lo lo si concepisca, è campo di pedagogia nera, di consolidamento di poteri personali o istituzionali, di minacce, ricatti, abusi, opportunismi, furbizie, violenze. Solo una pedagogia bianca promuove lo studium . Ve- diamo perché. Lo studium come stupore Il termine ha, anzitutto, e per eccellenza, a che fare la dinamica esperienziale del thaumàzein greco o admiratio tomista (2). Tale dinamica è, allo stesso tempo, per ogni persona, causa del processo di ricerca della verità ed anche effetto della scoperta di una verità, anche se piccola. Un’esperienza, que- sta, che, sia all’inizio del processo di ricerca sia quando la scoperta della verità gli pone momentaneamente fine, ma solo per riaprire il circolo, coinvolge sempre l’intero della persona stessa. Infatti, per ogni essere uma- no, viverla rimanda ad una particolare postu- ra del corpo, ad una condizione psichica posi- tiva, di benessere, che motiva all’azione, ad un compiacersi da gusto estetico, nonché nella inesauribile ripetizione intellettuale della domanda fondamentale che differenzia la vita degli uomini rispetto a quella degli animali superiori: «perché»? Perché la felicità oppure il dolore, que- ste referenze empiriche invece di altre se ci si mette da punti di vista diversi, questo fatto e non uno diverso ecc.? Perché l’esse- re nati o il non esserlo? (3) Perché l’essere nati per vivere secondo qualcuno (Agostino, Arendt) o per morire secondo altri (Rosen- (1) M. F UMAROLI , La Repubblica delle lettere e l’identità europea , in «Intersezioni», a. XXVII, n. 2, agosto 2007, pp. 157-168, poi in M. F UMAROLI , La République des Lettres , Gallimard, Paris 2015. Cfr. anche Id., Le api e i ra- gni. La disputa degli Antichi e dei Moderni , tr. it. di G. C ILLARIO e M. S COTTI , Adelphi, Milano 2005. (2) P LATONE , Teeteto 155d,2-4; A RISTOTELE , Metaph. 982, b12-21-983a; T OMMASO D ’A QUINO , S. Th. I-II, q. 32, ad 8; q.41, ad 5. Infine, cfr. M. H EIDEGGER ( Che cos’è la filosofia?, 1955, tr. it. di C. A NGELINO , Il Melangolo, Genova 1981, p. 41), dove scrive: «il pathos dello stupore non si trova semplicemente all’inizio della filosofia, come, per esempio, il fatto di lavarsi le mani precede un’operazione chirurgica», ma «il provare stupore sorregge la filosofia e la domina dall’inizio alla fine». (3) Alla domanda del re Creso (che si ritiene olbiótatos : «il più felice») su quale sia l’uomo più felice del mon- do, Solone rispose indicando non lui ma per primo un personaggio sconosciuto a cui toccò in sorte di morire in battaglia senza dover sopravvivere alla morte dei suoi figli e dei suoi nipoti. E i secondi uomini più felici sareb- bero stati Cleobi e Bitone, morti nel sonno dopo un’impresa gloriosa. E Erodoto chiosa: «la divinità fa chiara- mente comprendere che è meglio per l’uomo essere morto, piuttosto che godere della vita» (Erodoto, Storie I, 31). «L’antica leggenda narra che il re Mida inseguì a lungo nella foresta il saggio Sileno, seguace di Dioniso, senza prenderlo. Quando quello gli cadde infine tra le mani, il re domandò quale fosse la cosa migliore e più

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