Maggio-Giugno 2017

PERCHÉ STUDIARE IL LATINO OGGI? Rossella Verri, Consigliere nazionale Premessa A che serve il latino? Il latino serve a tut- to, ma studiarlo male non serve a nulla, oc- corre però avere il coraggio di fare fatica e di spendere tempo, anche quando non se ne comprendono appieno le ragioni. Però non basta sostenere che lo studio di una lingua antica e morta insegna a ragio- nare e sviluppa la logica. Perché non impa- rare con metodi meno faticosi e più allet- tanti come con la settimana enigmistica o con l’interpretazione di un brano musicale? Che senso ha oggi dedicarsi ancora allo stu- dio intenso e faticoso del latino? Motivi validi per apprendere il latino Anzitutto il latino apre alla comprensione del presente come epoca figlia del passato. La nostra tradizione occidentale trova le sue radici nella cultura greca, in quella romana e in quella cristiana. I Greci ci hanno lasciato in gran parte in eredità il ragionamento, la filosofia, il valore della democrazia, il gusto della bellezza, i Romani l’ umanitas, il dirit- to, il senso dell’unità dello stato, le virtù personali e le virtù pubbliche, il Cristianesi- mo la nuova concezione della persona , della civiltà, della società ed i valori etici. Perciò studiare la civiltà, la letteratura e la lingua latina significa conoscere le proprie radici, quasi come conoscere meglio i propri genito- ri e avi. Creiamo la nostra identità sulla base delle nostre radici. Inoltre la conoscenza del latino illumina il linguaggio e le parole. La lingua e le paro- le, a loro volta, raccontano la storia della civiltà, dell’evoluzione umana, della cultura di un popolo. Il fascino di ogni parola risie- de nel fatto che essa descrive una storia, racconta una parte dell’avventura umana. Si pensi alla parola cultura. Essa deriva dal verbo colo , che traccia il passaggio dell’uo- mo dalla condizione nomade a quella se- dentaria. Il verbo significa «coltivare», «abitare», «venerare», ergo: il popolo, che è diventato sedentario, ha imparato a colti- vare la terra, la abita e venera e onora le divinità del luogo. Perciò, nel termine cul- tura risiede il concetto del radicamento nelle proprie origini e nella propria terra, senza il quale non è possibile crescere ed ottenere frutti. La parola cultura compren- de non solo la sfera della materialità ma anche la componente religiosa, include la questione dell’uomo e del suo rapporto col destino, ovvero raccoglie in sé le grandi do- mande dell’uomo. I Latini pensavano che la parola nomen, cioè il nome di persona, de- rivasse etimologicamente da omen (= presa- gio) , cioè che la parola indicasse in sé il de- stino dell’oggetto o della persona e le sue caratteristiche specifiche. Nomina sunt con- sequentia rerum = i nomi sono conseguenza della realtà delle cose, così dicono Giusti- niano nelle Istituzioni, II, 7, 3 e Dante nella Vita Nuova, XIII, 4. In terzo luogo deriviamo dai Latini, come dai Greci, la retorica, che insegna a scrive- re, a parlare bene e a persuadere. Oggi queste abilità sono declinate nel lessico scolastico prevalentemente come compe- tenze trasversali fondamentali: la retorica, dunque, non è una disciplina autonoma, og- gi si insegna e come? Non va sottovalutato che il latino, nei li- cei, conduce alla lettura diretta delle gran- di opere della letteratura latina, da Cesare a Virgilio, Orazio, Seneca, Cicerone, Quinti- liano, Tacito per citare alcuni dei più illu- stri. Permette di confrontarci con essi, di scoprire il loro pensiero e di attingere ai lo- ro vertici artistici. Consente di comprende- re la letteratura italiana, figlia, in gran par- te, della grande letteratura classica, guida 13 LA SCUOLA E L’UOMO - Anno LXXIV - Numero 5-6 - Maggio-Giugno 2017

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