Maggio-Giugno-2016
che solo favorendo il miglioramento degli apprendimenti promuove nell’alunno un at- teggiamento positivo nei confronti della scuola e una maggiore autostima verso le proprie capacità di formazione. alcuni anni fa, g. p. quaglino (5) mette- va in evidenza come fosse necessario passa- re da una concezione del discente come pa- ziente (ossia come bisogno di qualcosa), ad una che lo vedesse come «agente» (ossia portatore di risorse, capace di fare qualco- sa). È una distinzione che può esserci di aiu- to: una didattica realmente inclusiva non adatta le sue strategie soltanto perché quell’alunno è «bisognoso», ma perché vuo- le renderlo realmente «agente». qualunque strategia di essenzializzazione degli obietti- vi e di personalizzazione dei percorsi, per- ciò, non può essere intesa come fine a se stessa, ma come strumento per favorire nell’alunno il più alto sviluppo possibile. La didattica inclusiva è innanzitutto una didattica generale dal momento che la didattica inclusiva è quel modo di intendere la scuola e l’azione didattica che pone al centro la pro- mozione del benessere sco- lastico e dell’apprendimen- to di ogni alunno ne discen- de che essa investa tutte le componenti della didattica. Vi è perciò un altro equivo- co da superare che consiste nel ritenere che l’inclusione riguardi solo la didattica speciale. al contrario, come si è visto, è una prospettiva che riguarda l’impianto sco- lastico nel suo insieme (co- me si vedrà tra breve nel punto successivo), il modo di progettare, valutare, costruire le situa- zioni di apprendimento; ciò significa che la didattica inclusiva riguarda tutti i docenti nella quotidianità del loro impegno. nel co- struire il Vademecum per il disagio scolasti- co (6), un gruppo di insegnanti delle scuole di piacenza ha voluto esprimere questo con- cetto con l’espressione: «nessun docente è escluso». La didattica inclusiva richiede risposte strutturate e ordinarie per poter essere realmente attuata la prospettiva della didattica inclusiva richie- de di uscire dalla logica “emergenziale”. non si può da un lato affermare l’importan- za di promuovere l’apprendimento di cia- scuno e dall’altro agire come se tutti gli alunni fossero identici. occorre cambiare profondamente il modo di approcciarsi alla questione. fino a quando si riterrà, ecco un’altro equivoco da superare, che l’atten- zione alle situazioni di difficoltà siano un’eccezione, un compito che riguarda solo qualche insegnante, resteremo molto lon- tani dalle finalità di un fare scuola a misura di ciascuno. la presenza di alunni con diffi- coltà, la domanda di attenzioni educative specifiche, sono fatti ordi- nari e strutturali dei sistemi scolastici contemporanei; ciò significa che si richiede una risposta strutturata, stabile, che vada a toccare l’organizzazione scolastica e la quotidianità della di- dattica. può essere certa- mente utile, anzi è neces- sario, accrescere le risorse economiche e umane per rafforzare la prospettiva in- clusiva della scuola italia- na, ma ciò sarebbe insuffi- ciente se non intensificas- sero contemporaneamente azioni di sistema tese a: — rendere più flessibile l’impianto organiz- zativo delle scuole; — rendere più essenziale la struttura del cur- 33 LA SCUOLA E L’UOMO - Anno LXXIII - Numero 5-6 - Maggio-Giugno 2016 (5) Cfr. g. p. q UaglIno , Fare formazione , Il mulino, Bologna, 2001. (6) Comune di piacenza – Università Cattolica del Sacro Cuore, Vademecum per il disagio scolastico , piacenza, 2012.
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