marzo-aprile 2018
LA SCUOLA E L’UOMO - Anno LXXV - Numero 3-4 - Marzo-Aprile 2018 TRIESTE «Già alle elementari, anzi, già alla materna facevo diven- tare matte le maestre. Le me- die? Mah, i prof non erano ma- le, ma la scuola, no, quella proprio non la sopportavo. Ero spesso assente, i compagni hanno smesso di chiamarmi, così ho preso a passare i pome- riggi chiuso in camera a non far niente, tanto… andare a scuo- la, imparare… a che serve?». L’abbandono scolastico, ha ricordato Liviana Zanchettin nella conversazione «Perché nessuno rimanga indietro» te- nuta nella sezione UCIIM di Trie- ste, non avviene in un momento preciso: molto spesso è l’atto conclusivo di un lungo percorso segnato da ripetuti disagi, in- sofferenze, ripetenze, assenze prolungate, e tanti altri prece- denti abbandoni: delle festine di bambini, del gruppetto di coetanei, dello sport praticato, delle gite scolastiche, di sem- pre più frequenti mattinate di scuola, di occasioni di dialogo ma soprattutto di fiducia in sé e nell’efficacia e valore della scuola e del sapere. Intercettarlo, poi, monito- rarlo e quantificarlo è difficile perché il più delle volte di questi ragazzi si perdono le tracce. La scuola SMaC, nata a Trieste nove anni fa, cerca di riprenderli e, con un paziente lavoro in piccoli gruppi o anche individuale, di farli rientrare nel percorso scolastico. Lavoro difficile ma per la maggior par- te di successo con qualche do- loroso fallimento perché rimo- tivare e reinserire ragazzi drop out non è facile. L’esperienza sul campo del- la relatrice indica, come possi- bile via del recupero, quella dell’inclusione: ma «inclusio- ne» a che cosa? Qual è, oggi, l’elemento che può avere forza attrattiva per i ragazzi più de- motivati? Liviana Zanchettin suggerisce due sfere: quella della relazionalità, ovvero dello stare nelle relazioni; e quella del processo, ovvero del resta- re nelle situazione essendo dut- tili al cambiamento. È necessa- rio uscire da una didattica tra- smissiva, veicolata principal- mente dalla parola per passare ad una circolare ermeneutica che attivi virtuosi feed back tra il sapere e gli attori del proces- so educativo; una didattica più evocativa, che preveda anche spazi per la corporeità (quanti giovani parlano, anzi, urlano con i loro tatuaggi, cutting , pe- arcing …) e sappia comprendere senza preconcetti la realtà del- l’adolescente. Perché i ragazzi non sono una categoria a sé e nemmeno un problema, sem- mai un mistero e precisamente quello di una persona in forma- zione che ha in sé tratti del- l’eroe romantico e solitario, ma anche elementi di Narciso, ed ancora elementi di pecora fuori dal gregge, diversa, in- compresa, esclusa: un adole- scente in divenire che va non solo guardato dritto negli occhi ma anche costretto, a sua vol- ta, a farlo alzando lo sguardo da terra o dal cellulare. Sguar- do che spesso è spietato ma che l’adulto deve saper soste- nere e ricambiare. Accogliere e comprendere lo studente, però, non basta: occorrono anche atteggiamenti e poi strumenti per rapportarsi a lui. Quali? Atteggiamenti. La relatrice ne ha proposti alcuni evocan- doli con immagini: il tappeto di Cleopatra ovvero il riportare gli studenti «a palazzo» facen- doli sentire re e regine; una scala di Escher che costringe talora anche a stare a testa in giù; il fiore che cresce nelle fenditure della terra secca, ov- vero la fiducia nella bellezza, nella capacità di riscatto, nella forza della resilienza. E poi gli strumenti: il coin- volgimento dei nostri giovani nei processi e cioè il far vedere loro anche il dietro le quinte, vista che li rende consapevoli e partecipi della fatica del per- corso; ma anche la leggerezza del gioco, il fascino della speri- mentazione e dell’avventura, il sollievo liberatorio della risata che scioglie l’arroganza; la for- za del gruppo che va coltivata anche tra docenti (oggi nessu- no può più pensare di educare da solo, è indispensabile fare rete); il dialogo, ovvero l’ascolto restituito: ascolto delle parole ma anche dei si- lenzi, del corpo, dei tempi. Un ascolto fatto di attesa e pa- zienza, un nuovo racconto, co- costruito a due mani, in cui il ragazzo trovi le risorse per ar- ginare il cosiddetto «collasso dell’io» e dove ci sia spazio per la fiducia. ( Marina Del Fabbro ) V i t a d e l l ’ U n i o n e I n f a m i g l i a NOZZE Il 7 aprile, a Padova Chiesa del Torresino, Anna Ramponi, figlia di Marina Del Fabbro Pre- sidente UCIIM Trieste, si è spo- sata con Alberto Nonnato. Ha celebrato la Santa Messa nuzia- le padre Gaetano Piccolo, s.j. Ai novelli sposi vanno gli au- guri più sinceri dell’UCIIM na- zionale. LUTTI È mancata la prof. Santa Guarino Di Gangi. Donna e do- cente di grandi virtù umane e cristiane, lascia un vuoto pro- fondo in quanti l'hanno cono- sciuta ed apprezzata. La sezio- ne UCIIM, e la comunità cristia- na campobellese la ricorderan- no sempre con immenso affet- to. (Don Pietro Pisciotta)
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