Marzo-Aprile-2016

LA SCUOLA E L’UOMO - Anno LXXIII - Numero 3-4 - Marzo-Aprile 2016 36 Cunti e fiabe desidero condividere con i soci e i lettori una ricerca che mi ha impegnato e appassionato. In dialetto napoletano del ’600 – una lingua viva e vergine, quella della plebe, non an- chilosata in espressioni stereotipe, forgiata con maestria da giambattista Basile – è uno dei cinquanta racconti fiabeschi che danno vita ad un’opera singolare, di gusto barocco: « Lo cunto de li cunti, ovvero lo trattenimento de’ peccerille » definito da Benedetto Croce «il più bel libro italiano barocco» e da Italo Calvino «il sogno d’un deforme Shakespeare parte- nopeo». Si tratta di un libro geniale e straordinario – insieme regale e cencioso, gentile e bruta- le, fastoso e plebeo – da cui emerge chiaramente la capacità di Basile, a un tempo, di stu- pire e meravigliare il lettore con accostamenti inediti di immagini e concetti secondo il gu- sto barocco, e di ironizzare e ridicolizzare il Barocco perché parossistico e degradato. a ragione, dunque, giambattista Basile (1575–1632) va considerato uno dei maggiori rap- presentanti della letteratura dialettale napoletana che, nel corso del Seicento, raggiunge risultati originalissimi dando vita ad un linguaggio ricco di colore ed animato da invenzioni lessicali. Basile trascorre una vita avventurosa come militare e uomo di corte. gli esordi letterari si collocano nel solco del marinismo e sono successivi al 1608 quando, dopo aver militato nell’esercito veneziano, torna a napoli; qui ottiene vari incarichi governativi ed intrapren- de l’attività letteraria. pubblica una raccolta di liriche « Madrigali e ode » e un poemetto « Il pianto della Vergine ». nel 1615, attraverso la stesura di lettere giocose in prosa e in verso, collabora alla « Vaiasseide » ( Poema delle serve ) dell’amico giulio Cesare Cortese che, per primo, aveva aperto le porte ad una letteratura dialettale napoletana. È da questo momento che Basile matura l’idea di sviluppare artisticamente il dialetto e, per usare le sue parole, di stringere insieme «tutte le forme de lo parlare napoletano». Basile, nel suo capolavoro noto anche come Pentamerone , utilizza lo schema canonico della narrativa, quello della cornice che contiene e genera altre narrazioni. Il primo elemento che evidenzia l’originalità del Basile si coglie nella degradazione della cornice nobile, usata da Boccaccio, in una napoli plebea caratterizzata dai vicoli vocianti e policromi. In cinque giornate vengono raccontate cinquanta fiabe attinte dal folclore e dal- la favolistica per bambini. ma il libro, nonostante il titolo ed i temi, non è affatto per bam- bini; è un’opera destinata ad un pubblico adulto, quello della corte, costituito da persone di rango medio-alto e dall’aggregato di cortigiani, paggi, cuochi, servi che intorno alla cor- te orbitano. Lo cunto vuole raccontare la realtà come finzione, i momenti felici che, per l’autore, sono quelli della surrealtà. le storie narrate rappresentano una materia che consente all’autore di dare libero sfo- go al suo umore capriccioso e mutevole, tipicamente barocco, desideroso di sperimentare nuovi moduli espressivi capaci di suscitare interesse e meraviglia. Basile sente la ragione come amarezza e la meraviglia come consolazione di ciò che di amaro scopre la ragione. dal confronto con le versioni di perrault e dei fratelli grimm, che attingono il nucleo te- Lettere al direttore In questo nuovo spazio della nostra rivista vorremmo aprire un colloquio diretto con i soci. È questo uno spazio di ascolto di vostre esperienze e proposte che volentieri socializziamo per promuovere tra i lettori un produttivo dibattito sui temi affrontati. Le lettere dovranno essere indirizzate a redazione@uciim.it oppure a Redazione La Scuola e l’Uomo, Via Crescenzio 25 - 00193 Roma

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