Marzo 2020

LA SCUOLA E L’UOMO - Anno LXXVII - Numero 3 - Marzo 2020 VI dentale era calato del 3,38% nel 1918 e del 5,86% nel 1919, per poi risalire nel 1920 del 4%. In due anni cioè il Pil pro capite era crol- lato del 7,78%. Su questa contrazione, oltre ad altri fattori come l’incapacità di adattare l’economia di guerra alla pace o la disorga- nizzazione commerciale, quanto ha pesato dunque l’influenza spagnola? Nessuno studio fornisce una stima esatta. I dati mancano e «isolare» l’effetto pandemico è molto com- plesso. In uno studio del 2013, i ricercatori Martin Karlsson, Therese Nilsson e Stefan Pi- chler hanno tentato di identificare gli effetti dell’influenza spagnola sulla «performance economica» della Svezia. Il caso della Svezia è interessante perché questo paese è rimasto neutro durante il Primo conflitto mondiale e quindi la guerra non aveva avuto alcun im- patto sulla sua forza lavoro. In Svezia, dove al contrario degli altri paesi europei i danni della guerra erano stati marginali, alcune re- gioni hanno conosciuto un tasso di mortalità legato alla pandemia molto più elevato di altre. È stato dunque possibile «isolarne» gli effetti. Due i risultati principali: i redditi del capitale sono stati gravemente penalizzati e i redditi dei più ricchi, secondo lo studio, sono diminuiti del 5% durante la pandemia e del 6% dopo. In Svezia, sempre secondo lo studio citato, la povertà è esplosa a partire dal 1920, soprattutto dopo l’epidemia. Inol- tre, nel 1918-1919, nel caos generale , l’in- fluenza spagnola poteva rappresentare un dettaglio aneddotico. In un’economia in pie- na riconversione, soggetta a un’intensa lotta sociale, lo stop di certe attività per alcune settimane non aveva avuto conseguenze a lungo termine. In altre parole, l’economia all’epoca aveva sfide più serie da gestire del- la pandemia. C’erano inoltre anche sacche di crescita più importanti, poiché la seconda rivoluzione industriale era ancora in corso. La situazione attuale è diversa, a partire dalla struttura del sistema produttivo. Le catene di valore industriale sono molto più internazionali e, per motivi di produttività, sono gestite con metodi just in time . Alcuni settori sempre più importanti, come il turi- smo, saranno gravemente colpiti e per molto tempo. Inoltre, l’economia oggi si basa più sui servizi che sull’agricoltura e l’industria come nel 1918-1919. La doppia crisi della do- Innanzitutto, è utile chiarire quali sono i canali con cui la diffusione di un virus in- fettivo può colpire l’economia mondiale. Un primo canale è l’effetto diretto sul sistema sanitario dei paesi coinvolti. Questi sono chiamati a sostenere costi significativi per la cura delle persone malate e per le misure di contenimento del contagio; questi costi comprendono sia la spesa per i dispositivi medico-sanitari, sia quella per gli straor- dinari del personale ospedaliero. Tuttavia, è verosimile che i principali danni arrecati all’economia siano di tipo indiretto. Tra que- sti possiamo evidenziare: • una riduzione dell’offerta di lavoro dovu- ta alla malattia (o nei casi più gravi alla morte) di un numero elevato di lavoratori o alla necessità di prendersi cura di fa- miliari ammalati, con conseguente calo della produttività; • la chiusura temporanea di aziende, nego- zi, scuole, servizi pubblici per limitare il contagio nelle zone colpite; • un forte calo della domanda da parte dei consumatori, soprattutto nei settori rite- nuti più «rischiosi» (turismo, ristorazione, cinema e teatri, eventi sportivi, vendite al dettaglio di beni non essenziali, tra- sporti); • un crollo del commercio internazionale e degli investimenti esteri. Quanto grandi sono gli effetti appena descritti? Come si è già detto, la risposta dipende dall’estensione del contagio. Ne- gli anni scorsi, diversi studi hanno provato a quantificare l’impatto economico di un’e- ventuale pandemia basandosi sulle esperien- ze del secolo scorso. I risultati di quasi tutti gli studi che si sono occupati di questo tema riportano simulazioni basate su modelli eco- nometrici di equilibrio economico generale. Questi risultati dipendono dalle caratteristi- che dei modelli e dalle ipotesi sull’entità di due variabili fondamentali: il «tasso di at- tacco» del virus (cioè la percentuale di po- polazione che si ammala) e il suo «tasso di letalità» (cioè la percentuale di contagiati che muore). Secondo i dati del Maddison Project , ba- sato sui lavori dell’economista Angus Mad- dison , che ha ricalcolato nel 2010 i Pil del passato, il Pil pro capite dell’Europa occi-

RkJQdWJsaXNoZXIy NTYxOTA=