Supplemento al n. 1-2-2013

16 LA SCUOLA E L’UOMO - Anno LXX - supplemento al numero gennaio-febbraio 2013 remmo oggi ai vescovi e ai preti) afferma: «Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle soffe- renze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi: pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza, ma volentieri secondo Dio; non per vile interesse, ma di buon animo; non spa- droneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. E quando apparirà il pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce» (1Pt 5,1-4). Fin dall’inizio del suo «servizio petrino», cioè di Vescovo di Roma, eletto dai «cardi- nes» del popolo di Dio della Chiesa di Roma (=i cardinali), il nostro papa Benedetto si è dichiarato «umile servo nella vigna del Si- gnore». C’è di più. Per l’incarnazione, morte e resurrezione del Signore per dono dei nostri cari e per la grazia dello Spirito Santo siamo stati battezzati e quindi inseriti nel popolo santo di Dio che per l’unione al suo capo, Gesù Cristo, compartisce con Lui l’essere un popolo di sacerdoti, re e profeti. Per questo quando un cristiano mi dice che sono sacer- dote, gli ricordo che sacerdote lo è anche lui e che io sono per «ministero» (termine greco che in latino è «servizio») prete (=presbitero, cioè «anziano»). Lo stesso è per l’essere re e (profeta). Ciascuno di noi lo è in, con, per Cristo. Allora ecco quello che a mio parere ne consegue. Il fulmine sulla cupola di san Pietro, è un invito (chiaro? Non lo per gli altri ma per me sì) a non sacralizzare nessun potere, ne- anche quello del papa; a considerarlo nel senso del servizio e dell’autorevolezza, cioè della crescita comune; a pigliar coscienza della diversificazione di tale potere e auto- rità: qualsiasi e in particolare nella Chiesa; a rispettarlo e a cercare di farlo convergere verso la ricerca del bene comune, conside- randolo come è un servizio ad esso. Ma è anche un’esortazione a riprendersi il pro- prio potere senza troppe deleghe e rappre- sentanze (e soprattutto senza alienazione indiscriminata ad altri): civilmente e eccle- sialmente. Quando si dice che «lo Stato sia- mo noi» è proprio tutto sbagliato? E ugual- mente non è forse vero che la Chiesa siamo noi credenti in Cristo? E quindi è anche no- stra la responsabilità! Certamente: per quanto compete ed è nelle proprie possibili- tà e potestà, collocazione e status sociale- ecclesiale. La mia responsabilità ecclesiale è ad un tempo di cristiano e di prete, diffe- rente da quella di un padre di famiglia o di un superiore religioso o di un vescovo o… del Papa! Ma tutti, in qualche e differenzia- to modo, siamo responsabili della Chiesa, della società, del mondo: ognuno per quan- to gli compete! …corollario educativo: potere e autorità di educatori ed educandi Come i più anziani ricorderanno, nel cli- ma della contestazione giovanile sessantot- tesca, si è giunti a vedere in qualsiasi for- ma d’intervento educativo un’intromissione indebita nello sviluppo altrui, se non una vera e propria forma mascherata di sotto- missione, di dominazione, di condiziona- mento, di violenza, di mortificazione dello sviluppo stesso. Secondo questo modo di vedere l’autorità dell’educatore veniva a contrapporsi e ad annullare la libertà del- l’educando. L’azione educativa – si diceva – veniva a mostrare il suo vero volto di in- trinseco esercizio di potere, autoritario e dominativo, nei confronti di libertà in for- mazione. L’asimmetria educativa veniva inevitabilmente compresa come imposizio- ne e in indottrinamento conformistico o, nel migliore dei casi, veniva a risolversi ineluttabilmente in quella che P. Freire de- nominava in quegli anni «educazione depo- sitaria» (che cioè riempie solo di nozioni la mente degli allievi). La relazione educativa veniva vista come espressione organizzata del «divieto» del mondo adulto o all’opposto come il neces- sario, e ribelle, vincere l’« establishment » adulto. Per questo si citava come «icona» classica il mito di Edipo che per divenire re ha da uccidere il padre Laio; e specular- mente ci si rifaceva al mito di Laio, espres- sione della paura genitoriale paterna di es- sere spodestato del suo potere dal figlio Edipo; o il mito di Saturno che divora i pro- pri figli per impedire che crescendo gli tol-

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