Supplemento al n. 1-2-2013
LA SCUOLA E L’UOMO - Anno LXX - supplemento al numero gennaio-febbraio 2013 13 soffiava e portava lontano le grandi parole del defunto? Quelle parole che hanno pro- clamato ai giovani, ai cristiani, alla chiesa, al mondo: «Non abbiate paura di aprire le porte a Cristo», «Varcate le soglie della spe- ranza», «Duc in altum!» All’«uragano» Wojtyla, è successo il «semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore», Ratzinger. Al prorompente e tutto proiettato in avanti papa Giovanni Paolo, è venuta a sostituirsi la gentilezza umana, la finezza di persona, la signorilità del comportamento, la dolcezza e la sem- plicità espressiva di papa Benedetto. Dopo il grande comunicatore Giovanni Paolo, che usciva dai discorsi scritti e improvvisava, che faceva gesti di tenerezza carnale, but- tandosi tra la folla, abbiamo assistito sugli schermi al timido papa Benedetto che quando aveva la videocamera in primo pia- no non sembrava accorgersene, che guar- dava oltre la telecamera o non sembrava curarsene; che è stava molto attaccato ai fogli che stringeva in mano, quasi con la paura di dire anche un solo aggettivo a braccio, e che appariva rassicurato quando poteva dire ciò che aveva pensato; e che si rendeva persino simpatico per quel suo modo, molto tedesco, di dire «qvasi» e «crazie», «cari pampini». Verosimilmente, papa Benedetto ha sen- tito e sente fortemente, dentro di sé, la presenza del male nel mondo, il relativismo culturale, l’oppressione ideologica, la «sporcizia» nella chiesa. Il Papa Benedetto, teologo raffinato, è sembrato molto attento alla dimensione intellettuale e alla mentali- tà di fondo, personale e culturale che sup- portano i comportamenti individuali e col- lettivi. Non ha mai smesso di scrivere libri, encicliche, ha dato interviste sempre con fi- nezza e profondità. con «una intelligenza piena di amore e un amore ricco di intelli- genza», per dirla con le sue stesse parole. Si vorrebbe aggiungere che, per dono dello Spirito Santo – nella fede sappiamo che cor- robora ognuno con una grazia particolare allorquando viene ad assumere un ruolo piuttosto che un altro (come si dice, dà «la grazia dello stato») – con l’elezione a papa, come è successo per altri papi, l’elezione ha allargato il cuore del cardinale Ratzinger e ne ha mutato il linguaggio. Sicuramente, come può agevolmente confermare chi lo ha minimamente frequentato, ne ha dilata- to i gesti e il sorriso. Se dalla loggia della basilica vaticana, la sera della sua elezione (19 aprile 2005), parlò con garbo molto tedesco, di «signori cardinali», nel discorso di «inaugurazione» in piazza san Pietro, domenica 24 aprile 2005, per quattro volte chiamò «cari amici» quanti l’ascoltavano e sette volte ripeté la parola «gioia» (anch’essa pronunciata con quella inflessione tedesca che fa somigliare la «g» italiana a una «c»). E per otto anni ha lavorato umilmente e tenacemente dando tutto se stesso in quello che lui ha inteso come «servizio petrino», cioè come papa di Roma per l’unità della Chiesa inviata dal suo supremo pastore, Ge- sù Cristo, a portare al mondo la salvezza, la redenzione agli schiavi, la libertà a i prigio- nieri, agli afflitti la gioia (Lc 4, 18-23), agli abitatori della terra la sicura speranza del Regno di Dio e «la vita del mondo che ver- rà», nell’incontro e nella pienezza della co- munione con Dio, oltre le opere e i giorni del tempo e della storia. La rinuncia di Benedetto XVI Il 10 febbraio 2013, ai cardinali convo- cati per tre canonizzazioni, Papa Benedet- to ha comunicato che «dopo aver ripetuta- mente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adegua- to il ministero petrino. Sono ben consape- vole che questo ministero, per la sua es- senza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi muta- menti e agitato da questioni di grande ri- levanza per la vita della fede, per gover- nare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, ne- gli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapaci- tà di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole del-
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