La Scuola e l'Uomo - n. 11-12- Novembre-Dicembre 2020
LA SCUOLA E L’UOMO - Anno LXXVII - Numero 11-12 - Novembre-Dicembre 2020 7 Secondo gli psicologi ungheresi Gergely Csibra e Gyòrgy Gergely, il nostro cervello disporrebbe di un “modulo pedagogico”, ov- vero un gruppo di neuroni specializzati che si attivano non appena ci accorgiamo che una persona sta cercando di insegnarci qual- cosa. La ricerca di Csibra e Gergely mostra che la presenza di un tutore umano influisce moltissimo: «Il contatto oculare permette al bambino di interpretare l’informazione co- me importante. Se lui adulto guarda un og- getto facendo una smorfia e ne guarda un secondo con un grande sorriso, un bambino di un anno e mezzo che assiste alla scena ricorderà solo che a quell’adulto il primo oggetto non piace mentre il secondo sì. Se invece l’adulto, prima di guardare i due og- getti, volge gli occhi verso di lui, il bambino deduce che il primo oggetto non è preferibi- le solo per l’adulto, ma per tutti: ovvero ca- pisce che l’adulto sta cercando di trasmet- tergli informazioni importanti e utili, e non solo mere preferenze personali. In sostanza, sembra capire che l’adulto sa che lui non sa, e quindi interpreta i suoi atti come tentativi di trasferire conoscenza». Coinvolgere la classe L’insegnamento in presenza favorisce an- che quello che per Dehaene è un altro pila- stro dell’apprendimento, il coinvolgimento attivo: «Se gli è richiesto l’uso di capacità di alto livello cognitivo, come ricordare il significato delle parole o delle formule ma- scariche si propagano in tutta la corteccia prefrontale, sede delle funzioni cognitive più alte» spiega. «Per questo, secondo me, il più grande talento dell’insegnante è catturare in ogni momento l’attenzione degli alunni e incanalarla. Il che diventa molto difficile se non si hanno di fronte gli alunni in carne e ossa ma il monitor di un computer». L’aula è preziosa perché l’attenzione e l’apprendimento dipendono molto da segnali sociali: «Fin da piccolo il bambino segue l’a- dulto con lo sguardo. Se gli si indica qualco- sa, il suo primo istinto è incrociare lo sguar- do di chi gli sta parlando. Solo dopo si girerà nella direzione in cui guarda l’adulto» dice Dehaene. «Diversi esperimenti mostrano che quan- do gli si insegna una nuova parola, se il bam- bino interagisce con l’adulto e può seguire il suo sguardo verso l’oggetto che corrisponde alla parola, la impara subito. Se invece la stessa parola è pronunciata, anche più volte, da un altoparlante, il bambino non la me- morizza». Questo vale anche per le lingue straniere: «A un bebé europeo di nove me- si, per imparare i fonemi della lingua cinese bastano poche settimane di interazione con una tata cinese. La stessa stimolazione lin- guistica attraverso un video di alta qualità, al contrario, non dà alcun risultato».
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy NTYxOTA=