Novembre-Dicembre 2018
LA SCUOLA E L’UOMO - Anno LXXV - Numero 11-12 - Novembre-Dicembre 2018 42 AULLA E PONTREMOLI Sabato 1 settembre, nello splendido scenario del Castel- lo del Piagnaro di Pontremoli, la Compagnia teatrale com- posta da studenti ed ex stu- denti del Liceo Classico «Pel- legrino Rossi» di Massa ha messo in scena, con la magi- strale regia del professor Gen- naro Di Leo e l’accompagna- mento musicale del composi- tore Giuseppe Ioh Capozzolo, la tragedia « Antigone» di So- focle. I giovani attori avevano già dato prova della loro bra- vura recitativa in precedenti rappresentazioni riscuotendo un grande successo. A questa manifestazione l’ UCIIM ha offerto un puntuale e costante supporto organizza- tivo e promozionale con l’Am- ministrazione Comunale ed il Museo delle Statue Stele di Pontremoli. Particolarmente attive sono state le sezioni di Aulla e Pontremoli che si sono distinte per aver dato vita a convegni sulle più importanti ed attuali problematiche scola- stiche. Il dramma « Antigone», rappresentato per la prima vol- ta ad Atene pare nel 442 a.C. ci riporta nel vivo della letteratu- ra e del teatro del mondo anti- co e questo potrebbe essere giudicato un atteggiamento contraddittorio per una socie- tà, come la nostra, protesa verso il futuro, verso le scienze esatte e la tecnologia. Può es- sere, ma per Antigone, come in genere per le tragedie, è sicu- ramente opportuno parlare di affinità con tematiche che at- traversano anche il nostro tem- po, avendo un carattere uni- versale. La produzione tragica, infatti, che ha nel V secolo la sua stagione più splendida, « af- fronta il problema dell’uomo e del suo destino nell’implacabi- le corso del tempo, ne denun- zia gli errori, le colpe tragiche, ne mette a nudo le miserie, lo mette a confronto con un uni- verso divino ora severo dispen- satore di giustizia e ammae- stramento , ora crudelmente e indecifrabilmente ostile… I de- stinatari delle tragedie sono i cittadini della polis, le cui istanze sono espresse dal co- ro …». E così il poeta tragico di- venta un « maestro di verità per la sua comunità ». Diventa anche un politico , certo non le- gato alla contingenza di uomini o eventi, ma per il richiamo al- le linee portanti della cultura della polis che è fatta di istitu- zioni, di tradizione religiosa, di riflessione laica, di assemblee, di discussione, di consenso, di regole, di valori. In tutto que- sto anche l’uomo moderno si può ritrovare. « Mi sembrava di sentire discutere di questioni di oggi: denaro, corruzione, ri- spetto delle leggi e della mora- le, gestione del potere,…», ha commentato emblematicamen- te uno spettatore. Aiuta ad entrare nella trama della tragedia, ma anche nel- l’attualità, un passo del discor- so di Pericle agli Ateniesi, trat- to dalle «Storie» di Tucidide e riportato nell’ultimo numero della rivista «La Scuola e l’uo- mo». È il 431 a.C. e così parla Pericle: « Ci è stato insegnato di rispettare i Magistrati e ci è stato insegnato anche di ri- spettare le leggi e di non di- menticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa. E ci è stato anche inse- gnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nel- l’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è di buon senso. Qui ad Atene noi facciamo così ». Il tema della vicenda che Sofocle, in una Atene demo- cratica, riprende da un mito tebano, è originato da una questione religiosa: il seppel- limento di Polinice, morto nel duello fratricida per il potere in cui muore anche Eteocle, è un dovere sacro, una legge di natura che coincide con la vo- lontà divina ma, in questo ca- so, è in contrasto con l’editto emanato da Creonte. Antigone sorella di Polinice ed Eteocle non intende obbedire al de- creto dello zio, non emanato né da Zeus né da Diche. Di- fende le leggi non scritte, ma immutabili, eterne, degli dei, e si oppone a chi vuole suo fratello Polinice insepolto, perché considerato traditore della patria. Da questo con- trasto nasce lo sviluppo del dramma. Creonte è saldo nel- la sua decisione, ma è via via sempre più svuotato del suo potere e sarà troppo tardi, quando cercherà di disfare ciò che ha fatto di male (ragione di stato o solo tirannia crude- le?) di fronte alla determina- zione di Antigone, eroina del dovere religioso e morale, e all’ammonimento del figlio Emone a governare secondo ragione e giustizia, a fondare il suo potere sul consenso del popolo tebano -che è dalla parte di Antigone, ma non ha il coraggio di opporsi-, a non considerare lo stato come possesso personale. Antigone pagherà a caro prezzo la sua fermezza e la sua coerenza, il coraggio della disobbedienza – lei donna in una società pa- triarcale- con cui riesce a rea- lizzare il suo scopo: ricoprire di polvere il corpo di Polinice. La pietà la perderà. Piangerà la giovinezza perduta, le gioie della vita e dell’amore che le V i t a d e l l ’ U n i o n e
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