Novembre-Dicembre-2013

re la leale e fedele attuazione delle convenzioni e, in caso di bisogno, a rivederle e correggerle, per evitare arbitrarie e unilaterali lesioni ed in- terpretazioni; 4) occorre tener conto dei veri bisogni e del- le giuste richieste delle nazioni e dei popoli, come pure delle minoranze etniche, anche se esse non bastano sempre a fondare uno stretto diritto quando siano in vigore trattati ricono- sciuti e sanciti o altri titoli giuridici che vi si oppongano; a tali richieste occorre venire in- contro in vie pacifiche e, ove appaia necessa- rio, anche per mezzo di una equa, saggia e con- corde revisione aperta dei trattati. deve in ogni caso evitarsi la oppressione aperta o subdola delle peculiarità culturali e linguistiche delle minoranze nazionali per l’impedimento e la contrazione delle loro capacità economiche, per la limitazione o l’abolizione della loro natu- rale fecondità; 5) eliminati i più pericolosi focolai di con- flitti armati, le nazioni debbono venir liberate dalla pesante schiavitù degli armamenti, proce- dendo con serietà ed onestà ad un effettivo di- sarmo mutuamente consentito, organico, pro- gressivo, sia nell’ordine pratico che in quello spirituale; 6) occorre superare ogni ristretto calcolo egoistico, eliminando quei germi di conflitto che derivano da divergenze troppo stridenti nel campo economico, per giungere ad un assetto dell’economia internazionale che dia a tutti gli stati i mezzi per assicurare ai propri cittadini di ogni ceto un conveniente tenore di vita. deve essere condannata perciò ogni ten- denza ad accaparrare le fonti economiche e le materie di uso comune in maniera che le na- zioni meno fornite dalla natura ne restino escluse; 7) poiché per la ricostruzione dell’ordine in- ternazionale si richiede così dall’uomo di stato come dall’ultimo dei cittadini la vittoria sul- l’odio e sulla sfiducia e il massimo di energie morali, la fede cristiana con la sua legge di amore e di fratellanza fra gli uomini potrà por- tare un contributo prezioso e insostituibile. per questo non vi è posto in un nuovo ordina- mento fondato sui principi morali per alcuna persecuzione della religione e della chiesa. 98. doveri delle nazioni civili rispetto alle genti meno progredite e primitive. importanza fondamentale per la formazione di un ordine internazionale hanno i rapporti delle nazioni socialmente progredite con le popolazioni co- loniali, primitive o meno progredite. in questi rapporti, benché storicamente consueti, non sono inevitabili, tanto e forse più per la popo- lazione dominatrice quanto per quella sogget- ta, il metodo dello sfruttamento e l’uso della violenza. È trattamento di violenza anche il volere in- tervenire nel processo di sviluppo di una popo- lazione per imporle un ordine di vita civile non adeguato alle sue attuali capacità spirituali e sociali. È esigenza essenziale di giustizia non meno che di convenienza di fare ogni sforzo per cono- scere, rendersi certi e compenetrarsi delle vere condizioni spirituali, religiose, civili, economi- che di una popolazione cosiddetta inferiore, in modo da sceverare quelle idee di verità e leggi di moralità e di ragione che sono in ogni co- scienza umana anche primitiva e in ogni ordina- mento anche arretrato. sopra questi punti positivi di umanità, le na- zioni più progredite debbono fondare la propria azione civilizzatrice, evitando i suddetti violenti interventi sovversivi che anche fatti con la in- tenzione di attuare forme superiori di vita so- ciale non hanno altra conseguenza che distrug- gere l’ordine esistente, senza creare un nuovo ordine che non trova terreno adatto per nascere e per vivere. 99. l’azione personale per l’ordine interna- zionale e per la pace. la premessa fondamen- tale per formare un ordine internazionale e quindi assicurare positive condizioni di pace all’umanità è di rifarsi alla vera idea dello sta- to e alla pratica della vita sociale e politica conforme alla legge del decalogo e ai principi della verità, della giustizia e della libertà. Questa meta suppone ed implica la ricristia- nizzazione dei popoli civili, cioè la volontà de- gli individui di vivere in spirito e verità la vita di cristo, il che è altresì la premessa per ogni opera civilizzatrice e missionaria a favore del- le popolazioni primitive e non cristiane. ogni cristiano deve sentirsi di fronte a quest’opera suprema di salvezza della civiltà un apostolo e un martire cioè un testimone, e quindi sentire in sé la responsabilità non solo della sua vita e di quella della sua famiglia o del suo gruppo, ma della salvezza della intera comunità uma- na. ogni cristiano deve perciò mostrare con la sua condotta nella vita privata, professionale e pubblica la sua convinzione che l’idea evan- gelica può essere strumento di affermazione, liberazione e giustizia per i singoli come per i popoli e che la cattolicità al di sopra delle di- stinzioni di razza e di nazionalità, tende a rea- lizzare concretamente la comunità del genere umano nella fraternità di tutti gli uomini. Xl LA SCUOLA E L’UOMO - Anno LXX - Numero 11-12 - Novembre-Dicembre 2013

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