Novembre-Dicembre-2013
Vii LA SCUOLA E L’UOMO - Anno LXX - Numero 11-12 - Novembre-Dicembre 2013 crificio con la chiesa e i sacramenti, ha dato la forza di imitarlo, di essere ognuno «alter chri- stus» e arrivare quindi per la sua grazia a parte- cipare alla natura, santità e beatitudine di dio e ad essere secondo la promessa divinae consor- tes naturae. 3. Fondamenti della coscienza individuale e sociale dell’uomo . da questa intrinseca dignità e finalità dell’uomo si deducono alcune conse- guenze che costituiscono i principi stessi della coscienza umana e cristiana della società: 1) che l’individuo umano in quanto essenzial- mente ordinato a dio, ha un valore assoluto il quale è la radice e il fondamento di tutti i suoi doveri e diritti e della sua inalienabile libertà; 2) che è dovere fondamentale dell’individuo mantenere illesa in se stesso questa dignità, ri- spettarla e ricordarsi in ogni azione del suo va- lore, cioè del suo fine, cioè di dio; 3) che origine e scopo della società è unica- mente la conservazione, lo sviluppo e il perfe- zionamento dell’uomo e che pertanto fine di ogni sistema educativo e politico è di far cono- scere praticamente all’individuo questa dignità e abituarlo a rispettarla in sé e negli altri e a farla rispettare; 4) che rispettare negli altri la eguale dignità dell’uomo significa obbedire alla parola del- l’apostolo «fiat aequalitas», sentire che tutti gli altri uomini qualunque sia la loro condizione so- no eguali, aventi la stessa natura, capaci delle stesse virtù, chiamati allo stesso destino, desti- nati alla stessa salvezza. perciò l’unica superio- rità che è tra gli uomini singoli è la superiorità nel bene e nella virtù, e le differenze nelle qua- lità personali di cultura, di condizioni sociali, di ricchezza e simili, non solo non alterano la fon- damentale uguaglianza tra gli uomini, ma sono una ragione di maggior responsabilità verso gli altri e verso la società, essendo ogni superiorità in questo senso al servizio degli altri e quindi una vera e propria funzione di carattere sociale. 5) che perciò il «fiat aequalitas» dell’aposto- lo non è qualcosa di negativo ma di essenzial- mente positivo: significa amare gli altri in modo da fare ognuno di essi uguale a noi, cercando per quanto in noi di procurare agli altri gli aiuti perché le prove della vita possano essere da ognuno affrontate con proporzionalità di mezzi ed eguale possibilità di sviluppo; 6) che il fine di questa volontà piena e cor- diale di aiuto fraterno è che l’altro possa realiz- zare nella sua pienezza la sua inalienabile liber- tà, cioè che l’altro sia messo in condizione di svolgere la sua natura e compiere con piena re- sponsabilità il suo destino; 7) che tutto questo porta a un concetto pre- ciso e chiaro della vita, che il nostro grande poeta cristiano moderno ha espresso così: «la vita non è destinata a essere un peso per molti e una festa per alcuni, ma per tutti un impiego del quale ognuno renderà conto». 4. Natura e fine della società . Tali principi ed il concetto della vita che ne discende si svol- gono nel mondo della vita associata, il quale non è altro che questo incrociarsi dei destini de- gli individui, questa partecipazione e comunio- ne di sforzi e di carità, questo reciproco amore. in questo senso attivo l’individuo deve dirsi es- senzialmente socievole, cioè soggetto alla pro- fonda legge etica «dilata cor tuum». in questo senso la vita sociale, nella quale si accentra la carità verso il prossimo e verso dio, fa parte necessaria ed integrale del destino na- turale e soprannaturale dell’individuo. la società è l’insieme o complesso di tutte le libere iniziative degli uomini dirette a realizza- re i loro interessi e fini umani e delle istituzioni ed opere a cui queste iniziative danno vita. co- me tale la società è molteplicità di forme, di sfere, di esperienze e di fini umani, e perciò è per sua intrinseca sostanza libertà. perciò è verità fondamentale che tutta la vi- ta della società è continuamente ed essenzial- mente subordinata al supremo fine e destino dell’individuo di cui essa non è in sostanza che la esplicazione, la graduale e ordinata realizza- zione e il campo di prova. come tale la società ha per legge intrinseca e per assoluta esigenza di mantenere illeso e salvaguardare in ogni mo- mento e qualunque sia la combinazione dei suoi interessi l’individuo in questo suo valore supre- mo e nel suo destino infinito; in questo senso fi- ne della convivenza sociale è la pace, «tranquil- la convivenza nell’ordine». la vita sociale è perciò sorretta dalla dupli- ce legge della giustizia e della carità: della giustizia per la quale l’individuo è tenuto a ri- conoscere, garantire, promuovere il «suum» degli altri individui e dei gruppi e cioè la vita, la dignità, la libertà, la possibilità del compi- mento del proprio destino di ognuno: e della carità, per la quale l’individuo è tenuto ad amare dio negli altri e gli altri in dio e perciò a mettere in comune con gli altri che ne hanno bisogno tutti i beni, dal bene dell’intelligenza ai beni economici così come sono comuni i beni soprannaturali. Questa duplice legge è così necessaria nella vita sociale, che senza di essa la società stessa si dissolve nella terribile crisi della questione sociale, la quale è nata perché troppi uomini
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