Una riflessione sull’Avvento del DS Nicola Cutrone
Il tradizionale incontro spirituale in preparazione del Natale quest’anno viaggia sul web, considerato lo stop generalizzato degli incontri tra Comuni diversi. Quello organizzato virtualmente con Cisco Webex dalla Sezione Apulia di Grumo Appula è stato interessante e soprattutto innovativo perché ideato sulle letture del testo narrativo di Padre Onofrio Farinola: “Pinocchio dal cuore di legno al cuore di carne”. E’ un viaggio narrativo simbolico quello del piccolo burattino tra teatro, avventure, bugie, un papà che sogna un burattino non più di legno ma con un cuore di carne, Mangiafuoco e i 5 zecchino d’oro, i due truffatori; una Fata dai capelli turchini che viene in aiuto; un campo dei miracoli e un amico Lucignolo. E il tema scelto è inserito pienamente nel contesto attuale della pandemia che ci ha travolto e bloccato tutti, generando tragedie, dolori, ansie, tristezze, solitudini, angoscie; ma anche in quello dell’Avvento, che ci chiama al silenzio della meditazione, all’ascolto della parola che “grida nel deserto”, alla solidarietà, e, soprattutto, alla speranza. E’ stata un’occasione per riflettere su ciò che Pinocchio e la stessa pandemia ci hanno detto dal punto di vista sociale e morale: la caducità della vita terrena e la consapevolezza di sapere che anche se siamo malati, anche se cadiamo negli errori, non siamo mai soli in questa tempesta. Molto interessante la riflessione di P. Onofrio Farinola sul linguaggio del “racconto” del romanzo di Pinocchio perché presenta somiglianze ed analogie con quello della Bibbia. Il racconto è una dimensione importante per la trasmissione della fede: non c’è fede autentica che non si racconta con una storia che si attualizza in ogni tempo. La stessa Parola di Dio è una Parola incarnata: “ed il Verbo si fece carne”, per continuare ad essere sempre presente nella vita di ogni cristiano. Allora parliamo non di memoria, ma di “memoriale, perchè questo è un evento storico che si attualizza, coinvolgendo gli altri e che si trasmette di “generazione in generazione”. Lo stesso autore di Pinocchio vuole coinvolgere tutti noi per farci partecipi di quella storia che ci attraversa e ci cambia nel profondo del cuore. I Vangeli e la stessa chiesa sono nati dai racconti orali e gli evangelisti li hanno trascritti per coinvolgerci con passione. Le avventure di Pinocchio sono tematiche teologiche che ci coinvolgono. Pinocchio è un tronco di legno e ciò fa riferimento al tronco di Jesse di Isaia da cui doveva germogliare il Salvatore. Noi stessi siamo tronchi perché rigidi, pieni di invidie, gelosie, pregiudizi, cattiverie, ire, individualismi, desideri sfrenati e abbiamo bisogno di fare un percorso di “umanizzazione” come quello compiuto dal burattino di Collodi. Dalle bugie, dalle marachelle dobbiamo passare, come Pinocchio, a diventare persone umane, capaci di amare, di prossimità con gli altri. P. Onofrio nel libro parla anche della dinamica del deserto, tipico dell’Avvento: deserto come terra arida che deve diventare terra fiorita con l’ascolto della parola che “grida nel deserto”, come ci racconta Giovanni Battista. Pinocchio da tronco acquista un cuore di carne, diventando persona viva e coinvolgente. E’ la stessa vita del cristiano che raggiunge la vera felicità, la piena umanità, attraverso la “conversione” interiore. E’ il cuore umano, fatto di compassione, di altruismo, senza avere paura di cadere, perché ha la consapevolezza e la forza di sapersi rialzare. Pinocchio è fragile, ma è testardo perché sa dove vuole arrivare: raggiungere una vera umanità. L’Avvento è il cammino di una piena e matura umanizzazione. Tanto più saremo cristiani, quanto più saremo essere umani e viceversa. Con Pinocchio essere uomini fino in fondo, ha concluso padre Onofrio Farinola.
Ma l’Avvento, ha continuato don Giuseppe Ruffo, parroco di San Giovanni Battista a Mirto in Calabria, sta ad indicare proprio l’attesa di “Colui che viene nel nome del Signore” per portarci Amore e Speranza. Ma c’è di più. L’Avvento è il tempo della conversione personale, del cambiamento interiore per riconvertire il nostro cuore di legno in uno di carne, cioè di amore, di altruismo e di positività. In tale ottica il testo di Farinola “C’era una volta un cuore di legno, che si trasforma in un cuore di carne” fatto di amore, di relazioni profonde e vere è stato pertinente ed efficace. E’ stato certamente un segnale forte quello dell’Associazione Uciim Apulia, guidata egregiamente dal dott. Giuseppe Chiaromonte, perchè l’Associazione non è solo formazione professionale degli insegnanti e dirigenti cattolici, ma anche cura spirituale, come dichiarato dal fondatore Gesualdo Nosengo. L’incontro, sia pure virtuale, è stato caratterizzato da un’atmosfera di grande spiritualità e vissuto con attenta partecipazione di dirigenti ed insegnanti: in questo periodo di pandemia ne abbiamo tanto bisogno. Bisogno di speranza, di solidarietà, ma soprattutto di sentirci uniti e vicini tra “NOI”. Pinocchio nel suo lungo cammino voleva incontrare altri bambini, perché voleva sentirsi uguale a loro con un cuore di carne, pieno di affetti, di gioie, di speranze e perché no di progetti di nuova vita. Ma come va attuata la svolta nell’Avvento? Con la Parola di Dio, con la lettura approfondita dei testi della Bibbia e del documenti ufficiali della Chiesa. L’Avvento don Ruffo lo ha paragonato ad una palestra dove si va per fortificare il corpo; nell’Avvento bisogna fortificare l’anima alimentandosi continuamente con la Parola. Questo periodo dell’anno liturgico ci deve creare maggiore familiarità con la parola di Dio: è un messaggio costante e continuo degli ultimi Papi e soprattutto di Papa Francesco che ha voluto creare una apposita “Domenica della Parola” nella vita della Chiesa cattolica, per recuperare la passione al Vangelo e alla Parola di Dio. Un vangelo che il Papa ha consigliato di portare sempre in tasca in modo da leggerlo nei tempi morti della giornata: nell’attesa dal medico, nei percorsi in metropolitana per andare sul luogo di lavoro. La parola del Vangelo non è un testo da depositare su uno scaffale, ma un alimento quotidiano per vivere e per crescere da veri cristiani. Con la Parola di Dio va instaurato un rapporto privilegiato, forte per scoprire ogni giorno una sua novità. Allora le mensa della Parola e quella Eucaristica della domenica sono strettamente legate tra loro e ci portano alla “missionarietà” del cristiano. La missionarietà è, infatti, uno status per il cristiano e va testimoniata in ogni contesto lavorativo e formativo. Questo impegno del cristiano deve partire dal proprio cuore che deve lasciare la mediocrità per avere grandi slanci di amore verso gli altri, illuminato dalla vera Luce. Solo la “Parola incarnata” che abita nel cuore di ciascun cristiano ci dà nuovi stili di vita, basati su un “nuovo umanesimo”.
“Benedetto Colui che viene nel nome del Signore” (Mt. 21), ha detto don Ruffo, è anche il grido della folla che seguiva Gesù nelle strade di Gerusalemme. Fa sempre pensare il movimento della folla intorno a Gesù. Osannato come Colui che viene. Siamo convinti che anche i più increduli vivono l’attesa di Colui che viene nel nome del Signore. Di solito l’attesa desta non solo speranza, ma anche interesse, stupore, entusiasmo. A volte determina anche apprensione e paura. Come nel burattino di Collodi, nell’animo umano c’è sempre insopprimibile il desiderio del giorno nuovo, della giornata più serena, del tempo senza nuvole, del sole senza tempesta. E’ l’attesa dell’amore, della vita sana che tutti sogniamo. Molti dicono di non credere in Dio, ma anche costoro attendono Dio, la pienezza delle felicità, della gioia, della vita, dell’amore. La rabbia che esplode come maledizione è sempre il frutto della delusione. La folla muove sempre alla ricerca di Colui che viene nel nome del Signore. Anche chi non crede sa bene che non bisogna confidare nei falsi maestri, negli imbroglioni. Gesù diceva che c’è un solo Maestro, un solo Padre. Se qualcuno vuol essere felice non deve mischiarsi nella folla che si lascia conquistare dalle vuote parole e dalle vane promesse, come il burattino di Collodi. Non bisogna prostrarsi davanti ai facili affari e ai facili guadagni. Il grido di felicità trova esaudimento nell’incontro con Colui che è la Fonte della felicità. Ma Gesù dice anche: “se uno mi ama, osserva la mia parola e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv. 14,23): è l’incontro dell’Atteso delle genti. L’Atteso prende dimora nella nostra povera, piccola casa, che è il nostro cuore. E da sempre e per sempre non ci lascia mai orfani. Pinocchio diventato ragazzo, con un cuore di carne, fa amicizie, incontri felici, supera la sua solitudine; ama ed è amato. Non rischia mai da solo: c’è la Fata; c’è Lucignolo; c’è il papà. L’incontro con Colui che viene diventa occasione di grande giubilo. Egli, l’Atteso dei popoli, si preannuncia con grande amore. Non viene mai solo, anzi, com’è solito, accoglie le suppliche della Madre per noi, si lascia accompagnare da una schiera innumerevole di persone che lo amano e così garantisce che viene a stabilirsi a casa nostra, in compagnia del Padre e dello Spirito: “Noi verremo e ci stabilizzeremo nella tua casa” (Gv. 14,24). La Famiglia trinitaria ci prepara l’incontro ammirevole di Colui che viene quotidianamente incontro a noi. Non è già un frutto buono sapere che siamo malati, che la società che abbiamo costruita è malata? Il Papa nell’ultima Enciclica “Fratelli tutti” indica anche la via d’uscita: “non attaccarsi alle cose terrene”: denaro, prestigio, carriera. Oggi viviamo nella precarietà: siamo soli e lontani dagli affetti; non si organizza più niente per la comunità e il male prolifica sempre di più nel mondo. Tutti si augurano che il mondo dopo la pandemia sia più buono. Ma lo sarà davvero? O sarà questa, come tante altre volte, “una voce che grida nel deserto”, come quella di Giovanni Battista che stiamo ascoltando in questo periodo di Avvento? Fa bene Papa Francesco ad invitarci ad avere Speranza che ci dà certezza che in fondo al tunnel c’è la luce, quella vera che ci indica la Via della salvezza. Speranza di una vita nuova, più buona, solidale ed inclusiva. E questo lo si potrà avere se ci nutriremo di più della parola di Dio, trasformando quel cuore di legno in uno di carne. E’ la trasformazione di Pinocchio da burattino a ragazzo che conosce, che incontra, che ama, che spera in un mondo diverso, migliore e più felice. Coltiviamo in questo periodo di Avvento la Speranza per superare la notte buia e piena di paure; per superare la solitudine di dirigenti ed insegnanti che si vedono privati della loro scuola, della loro aula e soprattutto dei loro ragazzi; per fare uscire un paese bloccato e senza relazioni sociali, senza gli incontri genuini della vita di una comunità.
Sarà un Natale meno festoso e rumoroso, meno colorato e luminoso, fatto di rinunce e sacrifici; ma spiritualmente più autentico, fatto di gesti essenziali, di cose semplici espresse con un cuore grande.
Auguri di Buon Natale
Nicola Cutrone
Dirigente Scolastico