Nota sul rapporto del Consiglio d’Europa sull’insegnamento della storia

Annalisa Mililletti

Perché imparare la storia? Perché ne abbiamo bisogno? Come sono preparati i giovani in Europa? Come aiutarli a rispondere a nuove situazioni e ai flussi di cambiamento in un mondo complesso? Come la storia è utilizzata? I giovani sono sufficientemente informati per sviluppare un pensiero critico e rispondere alle sfide della democrazia e della pace?

   In occasione della  terza Conferenza annuale dell’Osservatorio sull’insegnamento della storia in Europa (OHTE)( Strasburgo, 30 novembre- 1 dicembre 2023) sul tema “Insegnare la storia , insegnare la pace? “è stato presentato il primo “Rapporto generale sullo stato dell’insegnamento della storia “nei Paesi membri dell’OHTE. Una presentazione che ha avuto quasi un valore simbolico, in un’epoca in cui la storia è oggetto anche di strumentalizzazioni e subisce la narrativa dei media e delle reti sociali.
    La presentazione è avvenuta all’interno di un dibattito attento al ruolo difficile e cruciale degli insegnanti e al loro impegno sul piano di un’etica professionale e di un senso di responsabilità,  che si può definire anche politica nei confronti del sistema educativo, e con riferimento  alla sensibilizzazione  per la dimensione umana della storia, alle attese dei giovani e  alla necessità di decostruire il mito del disinteresse dei giovani per il passato.
Timothy Garton Ash, dell’Università di Oxford, nella relazione per la Conferenza stampa, ha ricordato  come l’insegnamento della storia sia innanzitutto “un rapporto con un regime di verità” e come i giovani vadano confrontati con le realtà storiche al fine che possano meglio comprendere i fatti, perché con i fatti ha a che fare la storia e i fatti hanno un primato come frontiera tra passato e presente, una frontiera che non deve sparire. Attraverso i media e le reti gli studenti possono facilmente essere vittime di manipolazione e di falsificazioni storiche e dovrebbero essere incoraggiati a proteggersi dalla propaganda e dall’ideologia, a dialogare e a interrogarsi sulle sfide del mondo che li circonda. La storia è un processo aperto fatto di strutture profonde e contingenze: “ se vogliamo raccontare la storia in modo chiaro dobbiamo capire meglio la complessità con lo studio, la riflessione, il dibattito”. Ash ha incoraggiato i giovani a “fare esperienza “per un apprendimento in concreto, attraverso la narrazione e i luoghi della storia, la testimonianza , le storie personali. E la coordinatrice dell’ Unione Europea degli studenti ha sottolineato come i giovani vogliano prendere parte al confronto democratico nei loro paesi e in Europa, soprattutto con l’avanzare dei nazionalismi anche nel mondo giovanile.
    È anche da tutto questo  che i lavori dell’ Osservatorio hanno preso il loro senso. Non si tratta solo di produrre dei rapporti o di suscitare una riflessione storica. Al di là dei programmi formali, si devono aiutare tutti gli attori implicati nell’insegnamento a formare cittadini consapevoli che comprendano il mondo anche grazie alla storia.
    Istituito dal Consiglio d’Europa nel 2000, l’Osservatorio riunisce governi ed esperti degli Stati che vi hanno aderito (Albania,Andorra, Armenia, Cipro, Francia, Georgia, Grecia,  Irlanda, Lussemburgo, Malta, Portogallo, Nord Macedonia, Serbia, Slovenia, Spagna, Turchia a cui si stanno aggiungendo l’Ucraina e la Svizzera) “allo scopo di giungere ad un consenso comune sui fatti e contribuire al rispetto di punti di vista diversi, elemento essenziale per riconciliarsi con il passato” (Bjorn Berge, Vicesegretario generale CdE). “Alcuni diranno che la storia e il modo con cui è compresa da ciascuno di noi può favorire le guerre. La maggior parte di coloro che studiano la storia si rendono conto che essa è essenziale per liberarci dai malintesi, dalle false idee e dalle manipolazioni. Il modo con cui la storia è insegnata è importante” (Alain Lamassoure, Presidente  del Comitato di direzione OHTE).
L’OHTE  si colloca, infatti, significativamente in continuità con il lavoro di ricerca condotto fino ad ora  dal Consiglio d’Europa e vuole rappresentare uno spazio aperto al dialogo, senza pregiudizi,  attento all’importanza della storia, richiamata  anche nella Dichiarazione di Reykjavik del Summit  dei Capi di Stato e di governo (16-17 maggio 2023), e un esempio di cooperazione internazionale. Complementare all’OHTE è HISTOLAB, un laboratorio transnazionale, progetto congiunto del Consiglio d’Europa e della Commissione Europea per la cooperazione e l’insegnamento della storia, lanciato nel maggio 2022 con l’intento di dinamizzare l’insegnamento della storia e raccogliere idee innovatrici per migliorare la ricerca e le pratiche educative e favorirne l’evoluzione.

Il Rapporto Generale 2023, essendo il primo, privilegia uno sguardo complessivo che considera la molteplicità degli aspetti dell’educazione storica, procedendo per gruppi tematici: dalla posizione nel sistema scolastico alle caratteristiche e alle articolazioni del curricolo che costituisce la base e la linea da cui si deve sviluppare un insegnamento di qualità, alle dinamiche didattiche, alle pratiche in classe e alle risorse relative, dagli obiettivi d’apprendimento alle forme di valutazione fino alle tendenze di riforma in atto dal 2012. La qualificazione degli insegnanti, i requisiti per la professione, la formazione iniziale e continua in relazione anche allo sviluppo professionale,  costituiscono altri importanti ambiti di ricerca.
   Il rapporto considera, inoltre, componenti del curricolo che vanno anche oltre e possono dare al curricolo uno sviluppo più inclusivo: il prisma della multiprospettività, la dimensione europea, la voce delle minoranze che devono riflettere la diversità interna della società. Il curricolo di storia può, in questo senso, in un periodo di polarizzazione e di frammentazione, offrire una cornice per rafforzare la democrazia, l’apprezzamento della pace, i diritti umani.
  A tale contestualizzazione fanno riferimento in particolare ii contributi degli esperti del Consiglio scientifico consultivo dell’OHTE (R. Cârstocea, “La democratizzazione della storia”, 2022; B. Martin,“Come integrare la multiprospettività nelle lezioni di storia”, 2022; E. Dinç” La dimensione europea”; P.S. Colla, “Insegnamento della storia e minoranze nazionali in Europa”, 2023).
Il Consiglio d’ Europa ha già fatto da tempo delle Raccomandazioni in tal senso e dal rapporto risulta, particolarmente per quanto riguarda la multiprospettività obiettivo forte del Consiglio d’Europa, che gli Stati membri dell’OHTE la incoraggiano, tenendo conto di una realtà come quella attuale in cui gli studenti hanno facilmente accesso a varie fonti e possono essere messi in grado di sviluppare capacità di analizzare differenti punti di vista e di problematizzarli.   Un curricolo “inclusivo” in tutti sensi del termine, che pone in evidenza la dimensione della diversità, come ha ricordato Garton Ash anche rispetto al passato, e un’ articolazione che tiene insieme aspetti differenti è, tuttavia, una questione assai complessa, tanto più che il 48% degli insegnanti trova il curricolo di storia  già poco maneggevole e solo meno della metà degli Stati  partecipanti menziona,  per esempio,  la dimensione europea.
Vi sono elementi di criticità che andrebbero approfonditi, per esempio nel prossimo rapporto annuale, soprattutto laddove gli insegnanti affermano a larga maggioranza che la principale difficoltà riguarda il tempo disponibile per la storia e il sovraccarico e la densità di un programma che dispone di un orario limitato e che subisce contemporaneamente le pressioni  associate alle richieste della valutazione e degli esami.

Le caratteristiche metodologiche del rapporto, che associa un’ampia base di dati qualitativi e quantitativi, consente , comunque, una certa analisi comparativa, l’individuazione di differenze e di punti comuni, la presenza di una tendenza  verso un modello fondato sulle competenze. In questo senso si possono ricavare dal rapporto alcuni orientamenti, tenendo presente la diversità strutturale e di linguaggio dei singoli programmi nazionali, la loro natura più o meno identitaria in rapporto sia alla posizione della storia, soprattutto nella scuola secondaria, come disciplina obbligatoria o opzionale o mista,  autonoma o pluridisciplinare sia al grado di rigidità o di flessibilità  che può, più o meno, consentire agli insegnanti di corrispondere a quanto si attendono dall’insegnamento della storia, alle scelte di contenuto e al lavoro in classe. Da questo punto di vista, Alain Lamassoure ha osservato che ci sono tanti sistemi di insegnamento quanto i paesi e i programmi. È una diversità interessante, ma che pone, nello stesso tempo, il problema che le nuove generazioni non avranno ricevuto la stessa formazione sul passato nell’insieme dei paesi europei. Ciascun paese narra il proprio passato. È questo un motivo importante secondo il Consiglio d’Europa,  per rafforzare raccordi e occasioni di incontro.

Per quanto riguarda i contenuti del curricolo e i loro sviluppi,  le percentuali indicate nel rapporto evidenziano  come i campi più rilevanti siano la storia politica e militare e la storia sociale ed economica. La storia politica e militare è spesso collegata al tema nazionale e al passato di una nazione identificato come un tema dominante e dove la storia quotidiana e ordinaria delle persone può aiutare gli studenti a identificarsi con chi ha sperimentato guerre e conflitti. D’altra parte, l’idea di Europa unita che viene dall’aspirazione a prevenire i drammi e le distruzioni del Novecento, può essere trasmessa attraverso un’educazione storica che si focalizza più che sugli aspetti esclusivamente politici e militari sugli aspetti sociali. In questo senso gli insegnanti pensano che la storia delle minoranze e delle culture, dell’ambiente, delle migrazioni sia importante anche se meno frequentata. La scala europea è la seconda scala geografica enfatizzata, mentre meno diffusa é la storia locale. Per il futuro sarebbe interessante analizzare la percezione della storia europea in relazione anche ai processi di “europeizzazione” e in maniera più differenziata in termini di periodi storici, anche se tutti i periodi sono in generale ben rappresentati.
    Se le dimensioni formali del curricolo sono la chiave di un insegnamento di qualità, non meno importante è la dinamica di ciò che accade in classe, quanto spazio  è dato all’innovazione e alla varietà delle situazioni d’apprendimento, a metodologie attive, all’uso delle fonti, per uno stimolo al pensiero critico e alla coscienza storica. Dai dati sembrerebbe evidente, a questo proposito, una discrepanza tra ciò che gli insegnanti pensano sia rilevante sul piano educativo e la pratica didattica effettiva. Ciò potrebbe significare che , anche se si desidera un insegnamento di qualità, la sua messa in opera può rimanere insufficiente e un equilibrio di insegnamento che tenga insieme aspetti diversi è difficile da realizzare. Si tratta di considerazioni da valutare ed approfondire, come si sottolinea nel testo del rapporto, particolarmente se si guarda alla relazione tra metodologie che mirano a un’educazione basata su competenze e quelle basate su conoscenze fattuali e  che sono viste come approcci contrastanti. Ma potrebbe essere fruttuoso esplorarne i punti di incontro.

Uno sguardo particolare è dato a questioni relative alle risorse didattiche, alla loro adeguatezza, al loro uso in classe e alle loro modalità di integrazione. Ci sono differenze nell’utilizzo delle risorse educative. Ma  nel largo ventaglio delle risorse, per l’80% degli insegnanti i manuali scolastici restano la scelta più  diffusa e la fonte più  importante. Ai manuali scolastici sarà dedicata, infatti, la seconda fase del  prossimo lavoro annuale dell’OHTE, per cercare di approfondire, ad esempio, come, a partire da racconti differenti di  avvenimenti storici, si possa arrivare a presentazioni compatibili tra loro.  Un invito a consolidare forme di riconciliazione. Ma rimane  come sfida l’interrogativo: quale futuro per i manuali e quale rapporto con il digitale per una generazione iperconnessa ? Quali le nuove prospettive d’ apprendimento  che vanno ad allargare il campo dell’analisi storica? L’orientamento politico dei manuali e la loro utilizzazione per la trasmissione di percezioni nazionaliste, l’adattamento all’eterogeneità delle classi, l’integrazione delle minoranze nell’insegnamento in generale sono a loro volta questioni che l’Osservatorio non intende trascurare.
    Tema privilegiato della formazione continua rimangono soprattutto  le risorse pedagogiche innovative e le tecnologie digitali con le loro potenzialità, ma anche con gli effetti didattici del loro impatto e le difficoltà di implementazione. Si sottolinea il contributo dell’insegnamento della storia allo sviluppo di competenze di pensiero storico, nel trattamento dell’informazione storica, nel riconoscimento di fake news, nel controllo dell’uso delle fonti e della loro affidabilità che sembra essere il vero problema. Ma l’abbondanza e la varietà di risorse disponibili, digitali e stampate,  mette in evidenza il bisogno da parte degli insegnanti di momenti di formazione specifici per acquisire elementi che consentano di essere efficacemente selettivi.

I numerosi interventi durante i due giorni della conferenza hanno arricchito il confronto su vari piani e offerto ulteriori elementi di discussione. Il risorgere di conflitti e l’intensificazione di guerre talvolta fratricide in cui la padronanza della narrazione storica gioca un ruolo fondamentale e diventa una vera e propria sfida, non ha fatto che sottolineare l’importanza della storia e la necessità di non sottostimare il rapporto tra educazione storica e democrazia.
Arthur Chapman, dell’University College London, ha presentato una serie di piste molto concrete. È vitale che ci educhiamo circa la storia, ma occorre che cambiamo la nostra comprensione di ciò che la storia è, di ciò che si insegna e come lo si insegna.  Vi sono differenti relazioni con il passato e la storia a scuola è solo una delle forme in cui la storia appare nella vita della nostra società. Come si costruisce allora una narrazione in un approccio storico? L’educazione storica tradizionale, in ognuna delle sue forme, include strumenti per aiutare i giovani a comprendere il “potere” della narrazione nel formare i significati della storia?  Come mettere in  questione i racconti dominanti ? Quali idee sviluppare  per una decostruzione storica?

L’insegnamento della storia è essenziale, permette di comprendere il mondo che ci circonda, di aprirsi agli altri attraverso le conoscenze acquisite, ma permette veramente di garantire la pace? Durante la conferenza è emersa  una varietà  di approcci: guardare alla verità e decostruire la narrativa, rafforzare le conoscenze, promuovere un impegno etico  partecipativo e trasformante. La storia non è unicamente insegnare la pace o fare una storia della pace. Non sarebbe semplicemente la storia.  La storia deve, tuttavia essere utilizzata come strumento per arrivare ad una pace durevole.
 www.coe.int/history
.shared-histories.coe.int
 www.Histolab.coe.int