Quando sarà il momenti di parlarne?
Da più di 30 anni il nostro paese è diventato meta di importanti flussi migratori internazionali e ha ora una quota di popolazione straniera che cresce fisiologicamente soprattutto grazie alle nuove nascite. Il fatto che il paese non sia stato ancora in grado di mettere in atto efficaci politiche attive che promuovano e facilitino la naturalizzazione dei cittadini nati e cresciuti in Italia con conseguenze sulle quali sarebbe necessario fare analisi importanti non può non farci riflettere. Nel frattempo, l’Italia è tornata ad essere un paese di emigrazione e nemmeno più i flussi migratori riescono a controbilanciare la denatalità italiana con le conseguenze inevitabili relative alla disponibilità di forza lavoro giovane e al ricambio generazionale nelle imprese e nelle istituzioni. Dati della Fondazione Migrantes ci dicono che nel 2020 i cittadini italiani residenti all’estero (5,5 milioni) superavano di poco i cittadini stranieri residenti in Italia (5,3 milioni, meno del 9% della popolazione italiana).
I flussi migratori nel corso degli anni sono cambiati e cambiano per consistenza, composizione, cause. Un fenomeno mutevole che richiederebbe maggiore consapevolezza da parte di tutti per sottrarsi agli stereotipi e per mettere in atto risposte adeguate al variare dei bisogni.
Una caratteristica della migrazione in Italia è quella che vede una significativa varietà della composizione nazionale, etica, religiosa, linguistica, culturale della sua popolazione di origine straniera, anche se in alcune aree ci sono delle piccole comunità più omogenee, la varietà è il tratto prevalente. Non così in diversi paesi europei in ragione anche della loro storia (in Francia Nordafricani arabi, nel Regno Unito Sud-asiatici e Afro-caraibici, in Germania Turchi)
Mi sembra interessante segnalare I dati ISTAT relativi ai paesi di provenienza delle prime 7 comunità straniere residenti in Italia (dicembre 2020.) Seguono moltissime altre comunità nazionali con percentuali decrescenti.
1 | Romania | 20,8% |
2 | Albania | 8,4% |
3 | Marocco | 8,3% |
4 | Cina | 6,4% |
5 | Ucraina * | 4,6% |
6 | India | 3,2% |
7 | Filippine | 3,2% |
Un altro dato significativo e spesso trascurato è relativo alla composizione in base al sesso, poco più del 53% sono donne e se si analizza la composizione per fasce di età di quel 9% di stranieri presenti in Italia si evidenzia che la maggior parte dei minori stranieri è nata in Italia e come pure un terzo circa dei trentenni (30-34 anni) presenti. (Elaborazione dati ISTAT da parte della Fondazione Leone Moressa 2020)
*Dato destinato a crescere significativamente visto l’attuale guerra in Ucraina
Sempre i dati ISTAT ci dicono che il 29/% delle famiglie straniere è in condizione di povertà assoluta a fronte del 5/% delle famiglie italiane. I bambini italiani inseriti nelle scuole dell’infanzia sono il 93,6%, i bambini con cittadinanza non italiana sono solamente il 79%, dato del rapporto del Ministero dell’Istruzione 2021. Elemento su cui riflettere circa il tema dell’inserimento nel percorso scolastico di questi bambini.
Dunque la migrazione è un fenomeno vario, mutevole, espressione di bisogni diversi, portatore di culture, competenze, aspettative diverse. Quale consapevolezza è maturata nel nostro paese in più di 30 anni? Allo stato, ma anche alla società civile spetta il compito di affrontare le trasformazioni della realtà, individuare strategie di intervento e offrire opportunità che garantiscano i diritti di tutti.
Il diritto all’istruzione e la normativa scolastica
Rapidamente nel corso degli anni la scuola si è trovata ad affrontare il tema dell’inserimento dei bambini stranieri nel sistema scolastico. Leggi, Linee guida, Circolari, Novi orientamenti si sono susseguiti negli anni a partire dall’Art. 38 Diritto all’istruzione del Testo Unico sull’immigrazione (d.lgs. 286/1998), per passare alle Linee guida del Ministero dell’Istruzione: accoglienza e integrazione degli alunni stranieri (2014), diritto allo studio delle alunne e degli alunni stranieri fuori dalla famiglia di origine (MIUR-AGIA, 2017), alla Legge n°47.2017 “Legge Zampa” , Art.14 Diritto allo studio dei MSNA (minori stranieri non accompagnati), fino ai recenti Nuovi orientamenti interculturali (marzo 2022), che offrono una utile messa a fuoco della situazione attuale (dati statistici, riferimenti concettuali e segnalazione di pratiche in atto). Questo per citare alcuni riferimenti. La nostra legislazione contiene affermazioni di principi importanti garantiti dalla nostra Costituzione, nella prospettiva dell’accoglienza, dell’integrazione e del dialogo interculturale. Purtroppo come spesso accade, anche per altre problematiche, nel nostro paese le difficoltà nascono nel passaggio dall’affermazione teorico-legislativa alla sua reale applicazione.
La legislazione scolastica alla prova dei fatti
Chi lavora nella scuola sa quante volte innovazioni formalmente stabilite abbiano poi trovato gravi difficoltà di applicazione per strutture inadeguate, mancanza di fondi (il fatidico “costo zero” troppo spesso previsto), mancanza di piani di aggiornamento per gli insegnanti, ecc..
Ogni giorno gli insegnanti si trovano ad affrontare i problemi sul campo. Sicuramente negli anni si sono consolidate iniziative locali o nazionali interessanti, ma quanti sono gli istituti che ormai strutturalmente prevedono azioni specifiche per l’accoglienza e l’integrazione dei minori stranieri, sia nati in Italia sia di recente arrivo? E per azioni specifiche non intendo solo i protocolli relativi alle modalità di inserimento nelle classi, l’eventuale riconoscimento di percorsi scolastici effettuati nei paesi di origine e tutto ciò che riguarda adempimenti burocratici. Intendo che spazio è stato dato alla riflessione e alla formazione dei docenti relative all’insegnamento dell’italiano L2, che approcci specifici sono previsti perché dall’apprendimento della lingua della comunicazione si proceda all’apprendimento della lingua per lo studio tenendo conto del fatto che matrici culturali differenti possono generare approcci diversi alla strutturazione del pensiero. Passaggio fondamentale perché lo studente riesca davvero ad affrontare la complessità crescente delle materie nel curricolo e la preparazione acquisita nella scuola di base gli consenta così di accedere, in relazione alle sue capacità e competenze, a qualsiasi tipo di scuola e non si trovi invece con una possibilità di scelta ristretta prevalentemente ai soli indirizzi tecnico-professionali, come indicano le statistiche. Quale la consapevolezza dei docenti di tutte le materie del loro compito anche in funzione dell’insegnamento linguistico? Come si costruisce il rapporto con le famiglie? Che possibilità c’è di dialogo/sostegno attraverso sportelli anche con mediatori culturali? L’inserimento dei minori stranieri non accompagnati (MSNA), che sempre più numerosi sono arrivati negli ultimi tempi nel nostro paese, richiede ovviamente una preparazione psicopedagogica da parte della scuola ancora più specifica. Il problema è ancora più complesso, perché si tratta in genere di ragazzi che sono preadolescenti o adolescenti già vicini alla maggiore età, momento in cui improvvisamente vedranno cessare le tutele a cui hanno diritto come minori. I problemi sono grandi e con molte sfaccettature determinate dalle realtà locali, ci sono zone, e dunque scuole del nostro paese, dove si registra una presenza di stranieri proveniente da molti paese diversi, altre in cui troviamo concentrazioni di ragazzi provenienti da un particolare paese o area culturale, naturalmente ciò consente approcci diversi. Quanto nelle scuole si tiene conto dell’importanza del plurilinguismo degli studenti e della valorizzazione della lingua madre? Quanto all’interno del dibattito nei collegi docenti è presente il confronto sulla necessità di azioni specifiche e coordinate per l’insegnamento dell’italiano L2 in vista anche dell’aggiornamento dei docenti sulle problematiche del plurilinguismo e del multiculturalismo, quanto è presente l’esigenza di aprirsi alle forze del terzo settore che operano sul territorio e possono diventare risorse con le quali agire in sinergia?
Identità plurale e appartenenza
Il panorama della società italiana e della scuola oggi è sicuramente multiculturale, il termine ha un valore descrittivo e registra le dinamiche che hanno portato alla trasformazione della composizione demografica del paese con l’arrivo di persone provenienti da contesti culturali diversi. Per rispondere a questa trasformazione la nostra politica scolastica, e di conseguenza la legislazione scolastica, ha scelto l’orientamento interculturale. Una prospettiva che pone al centro la promozione del dialogo fra le culture, il riconoscimento dell’altro come persona, il superamento degli stereotipi, la comprensione delle differenze, lo sviluppo di dialettiche relazionali che permettano l’individuazione comune di valori su cui convergere. Una scelta alta e impegnativa che guarda ad un progetto di società inclusiva che sappia accogliere, arricchirsi dei nuovi contributi e promuove identità plurali che sappiano e possano far nascere un senso comune di appartenenza al nuovo paese che insieme si costruisce. La scuola ha un compito fondamentale e sappiamo quanto l’inclusione scolastica rafforzi l’inclusione sociale. L’educazione interculturale, l’educazione civica e l’educazione alla cittadinanza globale sono interdipendenti, non sono materie aggiuntive, ma espressione di un approccio trasversale a tutte le discipline.
Ma è questa la prospettiva dalla quale si guarda alla presenza dei migranti in Italia? Che parole e immagini la comunicazione ci propone continuamente? Che immaginario collettivo favorisce? La politica quali temi affronta e quali decisioni prende? Che risposte possiamo dare alle domande dei numerosi ragazzi stranieri nati in Italia che abbiamo nelle nostre classi o che le hanno abbandonate troppo presto? Quali possibilità si aprono alle seconde e persino terze generazioni?
Lavorare alla costruzione di una società interculturale non è certo facile, ma il fenomeno migratorio è vissuto solo come emergenza da tamponare o sollecita una progettualità che coinvolge tutta la società. Quali conoscenze e competenze professionali dovremmo avere come insegnanti? Nelle nostre scuole, si sente l’urgenza di queste domande?
Dopo l’ennesimo rinvio, si sta discutendo in questi giorni alla camera la proposta di legge sullo Ius Scholae che lega il diritto alla cittadinanza alla frequenza regolare per almeno cinque anni di uno o più cicli scolastici. Non è ora che la scuola eserciti il suo diritto/dovere di sostenere tale percorso legislativo?
Luisa Riva