Che sarà dell’Italia? Gli uomini politici riusciranno a vincere le loro passioni? (Nosengo 27 gennaio 1959) (nn. 3-4/2018)

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Rosalba Candela, Presidente nazionale UCIIM

Abbiamo votato, per eleggere Deputati e Senatori, con il «Rosatellum»: legge unica per Camera e Senato.

Credo che per capire come funziona abbiamo faticato e non poco. Oltretutto abbiamo avuto poco tempo per comprenderlo veramente: infatti la legge è stata approvata in via definitiva il 26 ottobre 2017.

Comunque sia, in base al dettame legislativo, il 37% dei seggi (232 alla Camera e 116 al Senato) è stato assegnato con un sistema maggioritario a turno unico in altrettanti collegi uninominali (cioè in ciascun collegio è eletto il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti). Il 61% dei seggi (rispettivamente 386 alla Camera e 193 al Senato) è stato ripartito con sistema proporzionale tra le coalizioni e le singole li- ste. Inoltre 12 deputati e 6 senatori sono stati votati dagli italiani residenti all’estero. Le liste singole hanno avuto una soglia di sbarramento al 3%, le coalizioni al 10%; la loro travagliata composizione ha esordito con la candidatura nei collegi uninominali di alcuni «big della politica» che hanno avuto la chance del recupero nei proporzionali.

Da ciò è scaturita la XVIII legislatura.

È scaturita da tutto ciò e da una campagna elettorale complessa per le vicendevoli accuse e per le fake news che vanno pur- troppo molto di moda.

Niente di nuovo se Gesualdo Nosengo il 10 maggio 1953 scriveva nel suo diario «La città si riempie di manifesti e la lotta politica è tutta un insulto reciproco».

Niente di nuovo se già alle prime elezioni del 1948 slogan elettorali recitavano «Nella cabina elettorale Dio ti vede Stalin no» (Fronte Democratico Popolare: PC e PSI) o «Sei senza cervello? Vota falce e martello» (DC). Non si riportano altri slogan per non essere volgari.

Fra tali accuse sottolineiamo il termine «populista» inteso nella sua accezione negativa di ideologia fascista o movimento leaderistico. Ma il populismo non è un movimento che esalta il popolo? Perché nel tempo ha assunto una connotazione così negativa?

E ancora pasticci su Europa, immigrati, razzismo; insulti e violenze quali due svastiche disegnate sulla lapide commemorativa di Moro, un accoltellamento a chi affiggeva manifesti con scritto «potere al popolo», il pestaggio di un dirigente di Forza Nuova etc.

«Politicantismo passionale» lo definiva Nosengo il 19 marzo del 1955, «Settarismo aberrante» aggiungiamo noi oggi.

Avremmo dovuto ascoltare il duplice appello del Consiglio Episcopale Permanente rivolto agli elettori «perché superino senza esitazione ogni tentazione di astensionismo»; ai candidati «perché avvertano la necessità di un cammino formativo e la responsabilità di mantenere per tutta la durata del mandato un vero rapporto con la base».

È passato un mese e mezzo dalle elezioni. Eppure sembra ancora di essere in campagna elettorale. Le consultazioni del Presidente della Repubblica, persona saggia e competente, ad oggi non sembra che siano andate a buon fine. Veti e sbarramenti da parte dei maggiori partiti impediscono di formare un governo.

Come è possibile non fermarsi nemmeno davanti alle tristi vicende mondiali. Quei missili lanciati da USA, Inghilterra e Francia, il martirio della Siria non dovrebbero far riflettere i politici italiani, i partiti, le coalizioni e invogliarli ad una convergenza di intenti al di là dei voti presi?

«Che sarà dell’Italia? Gli uomini politici riusciranno a vincere le loro passioni?» diceva Nosengo nel 1959 e ci ripete ancora oggi a circa sessant’anni di distanza.

Riusciremo a realizzare una società più equa, una scuola veramente nuova e adatta ai tempi?

E se provassimo sul serio a risolvere l’eterna dicotomia «etica/politica», se smettessimo di considerare «utopico» il rapporto «etica/politica»!

A ripercorrere il passato ci rendiamo conto che non è andato a buon fine il tentativo in merito di grandi filosofi quali Aristotele (agire politico e agire morale), Platone (bene comune), Kant (libertà, uguaglianza), Croce (onestà politica), solo per citarne alcuni.

Proviamoci noi, oggi.

Ma per provarci «occorre l’impeto di tutto il popolo e l’assunzione di una piena responsabilità politica», come saggiamente scriveva Nosengo il 23 settembre del 1967.

L’impeto deve darlo la scuola, la scuola e i docenti che devono educare giovani responsabili e consapevoli, devono educare all’impegno sociale.

Proviamoci con le correlazioni che ha suggerito Rousseau coniugando natura umana e società, educazione e politica, uomo e cittadino!

Forse riusciremo ad insegnare ai nostri alunni quel «mestiere di vivere» che si realizza solo con la «pienezza dei sentimenti». Forse riusciremo a far sentire loro «qual- cosa di superiore rispetto alle passioni e agli interessi».

Forse riusciremo a insegnare che la vera libertà sta nel rispetto e nell’uguaglianza: nell’aretè, nella virtus, nelle virtù cardinali quali giustizia, fortezza, temperanza.

Forse solo così i politici di domani avranno quella «prudenza politica e governativa» che Platone più di 2350 anni fa aveva collocato al primo posto.

Vogliamo provarci?

Prendiamo come guida il meraviglioso discorso di Pericle sull’impegno civico e sulla democrazia, rileggiamolo noi cittadini e chiediamo ai nostri politici di leggerlo con noi facendone del suo messaggio, come voleva Tucidide, un possesso per sempre!

Pericle – Discorso agli Ateniesi, 431 a.C.
Tratto da Tucidide, Storie, II, 34-36
Qui ad Atene noi facciamo così.
Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.
Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.
Qui ad Atene noi facciamo così.
La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.
Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.
Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.
E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.
Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.
Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.
Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versalità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.
Qui ad Atene noi facciamo così.