17.02.2024
Luciano Corradini, Racconti di vita e di scuola di ex studenti dell’ITI “Leopoldo Nobili” di Reggio Emilia, negli anni ’60, Venezia, Marcianum Press, 2023.
Tutti noi conserviamo gelosamente il ricordo dei tempi trascorsi a scuola come alunni, come professori, nel caso in cui avessimo poi intrapreso la carriera dell’insegnante. In qualsiasi caso, sia come studenti che come docenti, ogni tanto, riprendiamo a pensare a quegli episodi particolari che ci sono rimasti impressi nella mente e nel cuore. Riaffiora quella situazione che ci rende tristi o allegri, riassaporiamo il senso del gruppo classe, ritorniamo a quel tipo simpatico e a quello più antipatico, a chi era bravo e a chi stentava a tenere il passo, ai grandi e piccoli progetti per il futuro che percepivamo veramente tanto lontani. I primi anni dopo la maturità siamo anche riusciti ad incontrarci per la cena conviviale, sempre senza i professori, poi i rapporti sono scemati, fino a scomparire. Di tante esperienze simili tutti potremmo raccontare qualcosa ma dovremmo essere insieme per poterlo fare, e questa condizione spesso manca. Luciano Corradini e i suoi alunni degli anni ’60 ci riescono. Sfidando la caduta nell’oblio, riallacciano il dialogo e si sorprendono a ricordare ma anche a rielaborare il senso di una vita intera segnata da quelli che adesso sono attimi immortalati, da consegnare a figli e nipoti, con la speranza che essi raccolgano il legame intergenerazionale, che continuino l’impresa della memoria da mantenere, arricchire, non disperdere.
Nell’esperienza delle classi dell’ITI “Leopoldo Nobili” di Reggio Emilia, anni 1963, 1964,1965, la comunicazione tra gli alunni e Luciano Corradini, professore, per tre anni, di italiano, storia ed educazione civica si è consolidata al punto da diventare motivo di crescita di un orgoglio di appartenenza a quel gruppo che si vuole mostrare a tutti per la sua genuina preziosità. Di qui la scrittura autobiografica del libro dove sono raccolte le vite di 22 ragazzi e del loro professore, generazioni che si incontrano, si lasciano e si ritrovano.
Nei ragazzi c’è ancora chi si stupisce delle capacità di attrazione del professore che in classe calamitava l’attenzione impedendo che si pensasse all’ora successiva. Una luce in un deserto di indifferenza. Nel professore c’è anche la confessione della difficoltà di instaurare il dialogo con studenti che non volevano stargli dietro. Eppure, l’impegno costante premia tutti e li conduce alla destinazione del successo scolastico, per molti diventato, in seguito, un vero e proprio ambito successo professionale.
Dal punto di vista metodologico, il volume sceglie l’autobiografia per valorizzare la cultura delle “narrazioni memorabili” (p. 13). Gli studenti snodano la storia della propria vita con riferimento ai fatti più rilevanti, si soffermano in modo particolare sull’esperienza della scuola secondaria e sul che cosa abbia portato di qualitativamente importante la stagione degli anni 1963-1964 per la loro crescita umana e professionale.
In diversi di quei ragazzi di un tempo, oggi maturi signori che hanno dato contributi encomiabili alla società, in termini di famiglia e di lavoro, ed ora, in qualche caso, anche di volontariato, si legge il riconoscimento sincero per quanto il professore seppe donare loro, orientandoli nella turbolenta età dell’adolescenza. La stagione esistenziale degli anni più densi della crescita umana e sociale, allietata dalle discussioni sui massimi sistemi, per dir così, ha lasciato il segno positivo in grado addirittura di influire su scelte future e di risollevare nei momenti bui della vita. In diversi scrivono che spesso son tornati indietro a ripensare alla scuola del professore Luciano Corradini e si sono resi conto di essere stati fortunati a camminare insieme ad un adulto, giovane e sapiente, di ricevere valori, emozioni, passioni che in parte hanno anche emulato. Un forte impatto su questi ragazzi era rappresentato dall’ampia prospettiva di vedute che veniva proposta in un modo nuovo; infatti, gli argomenti scolastici si intrecciavano alla vita sociale e favorivano l’interesse per un apprendimento attivo (p. 89). Un profondo esempio che raramente si ricorda nella propria carriera scolastica. Molte figure di insegnanti impegnati sembrano non fare testo e gli alunni non scrivono loro veri e propri ringraziamenti. Unica ed esemplare è la condizione narrata nel volume dei 23 che si sono ritrovati dopo circa sessanta anni di interruzione di rapporti. Nonostante facebook, è veramente difficile trovare situazioni in cui si ricuciono i legami con radici che affondano in decenni di grandi cambiamenti sociali.
Leggendo le brevi autobiografie si capisce come ognuno abbia avuto le sue ragioni per non dimenticare una scuola dove l’esperienza del coinvolgimento nascesse dalla sincerità, dalla trasparenza del professore, dal profilo di educatore nato, direbbe Eduard Spranger,(1958) mentre nella “classe” descritta da Francois Bégaudeau (2006) questo professore non avrebbe neanche potuto aprire bocca perché interrotto continuamente dall’onda vertiginosa delle espressioni di studenti che ridefinivano l’argomentazione come una logica al contrario. Le classi di oltre mezzo secolo fa erano comunque un’altra cosa e c’è da chiedersi se, cambiato il contesto, un professore che ce la metteva tutta per comunicare il senso della vita avrebbe avuto oggi la stessa brillante sorte dell’ascolto degli studenti. I paragoni, pur difficili, necessariamente cauti, sono utili per capire da dove veniamo e dove stiamo andando. Mutatis mutandis, un fatto è certo, come gli studenti degli anni ’60 dimostravano abbastanza discernimento per distinguere il professore indifferente dal professore impegnato a offrire valori, così gli studenti delle scuole del terzo Millennio presentano le stesse capacità di reazione davanti ai diversi professori con la differenza, almeno apparente, che questi ultimi leggono se stessi come ad uno specchio, abili a desacralizzare e a emulare, allo stesso tempo, il portatore di un messaggio significativo.
Lo sconforto non assale lo studente ma il professore, come sempre. Il professore fa il suo esame di coscienza e si chiede se è veramente all’altezza del delicato compito di educare ed insegnare. La questione di fondo riemerge con forza nella ricerca dell’Autore di riprendere le fila del discorso sulla propria vita e di riproporre al lettore la domanda sul chi sia l’insegnante e sul che cosa comporti l’educazione nella famiglia, nella scuola, nella società. All’esempio encomiabile di don Lorenzo Milani, educatore di sé stesso, prima ancora che dei suoi alunni, si affianca l’idea della “città educativa” sorretta dalla Costituzione e dal Concilio, due passaggi obbligati per attualizzare il messaggio evangelico. Lungo il cammino, la scuola sognata apre i confini e si cimenta nella costruzione della comunità educativa che faticosamente cerca alleanze attraverso forme nuove di convivenza democratica e di partecipazione diretta.
L’affermazione secondo cui “la scuola deve essere luogo di formazione scientifica e tecnica, perché la persona deve sviluppare in essa le sue capacità e qualificarsi per un mondo che richiede sempre più alte competenze” va di pari passo con l’altra assunzione “la scuola deve essere luogo di formazione della personalità nel suo complesso, in particolare degli aspetti morali, sociali e politici in senso generale” (p. 217). In ambedue le sentenze si ravvede la matrice ideale di ispirazione del credo pedagogico dell’Autore. Un impulso forte emerge dagli studenti ora raccolti nel ricordo reso più responsabile nella maturità della vita. I 23 uomini navigati orientano la narrazione verso i nuovi giovani, ben comprendendo quanto il desiderio di essere integralmente nella società possa ancora generare frutto in abbondanza. Il messaggio che ne scaturisce è intonato alla speranza che il cambiamento possa andare nella direzione della pace e della sostenibilità, nella consapevolezza che la crisi attuale sia insieme climatica, ecologica, sociale, culturale, geopolitica (p. 221), come ben ribadiscono le encicliche di Papa Francesco e le avvertenze di Antonio Guterres, segretario generale dell’ONU.